La sindrome di Salinger

Adesso il suo commiato dal mondo è definitivo, Jerome David Salinger è morto.

Il vuoto che mi lascia lo tengo per me, senza affollare il cordoglio di critici ben più informati, quel che mi affascina invece, neanche questo molto originale, è la sua auto-esclusione dal mondo, ciò che ha dato una traccia alla beat-generation col conseguente rifiuto di competere nel rinnovamento della classe dirigente Americana. Non sapremo mai quante copie avrebbe venduto se non si fosse sottratto al pubblico, alle conferenze, agli autografi, all’adulazione degli adolescenti, insomma alle tante vanità di ogni scrittore di successo. Tuttavia è difficile pensare che egli abbia agito per calcolo, penso invece che la sua sia stata una vera e propria sindrome, contagiosa e seducente, come lo sono quelle di Stendhal o di Stoccolma, come lo è l’anoressia. Qualcosa che probabilmente comincia per caso e poi si insinua come un vizio, donando al contempo una buona dose di compiacimento: riesci giorno dopo giorno in un’impresa eroica e non sai più tornare indietro, mentre ti abitui alla rinuncia, al bastare per te (specie se nel frattempo arrivano lauti dividendi dei diritti d’autore). E’ la sindrome dell’eremita che suona come denuncia al mondo intero e nel nostro caso si insinua come una mannaia fra le contraddizioni della società americana, soprattutto se in questo caso i protagonisti della sua fiction sono adolescenti in guerra col sistema autoreferenziale dell’istruzione upper class. E’ una sindrome anche l’attrazione prodotta dal suo stile di vita, qualcosa a cui tutti gli scomodi cittadini del mondo dovrebbero saper resistere, me per prima.

LA MORTE DI SALINGER

Le tracce che ha lasciato

di NADIA FUSINI

Catcher in the Rye author JD Salinger would not be caught in the public eye

Le lettere di Salinger
“Perché odio il mondo”

di ANGELO AQUARO

Comments

One comment on “La sindrome di Salinger”
  1. shamal ha detto:

    Certe volte pensavo, e ripenso in questi giorni, che molto della scrittura di Salinger – che amo molto – venga in qualche modo dalla guerra, dall’esperienza vissuta della guerra. E che la capacità di comunicare con i bambini sia legata a questo.
    Quanto al suo stile di vita, la tua analisi mi sembra molto plausibile, come lo è la “attrazione” che molti di noi provano per questa poetica del “buen retiro”. Certe volte, pur non essendo assolutamente io famoso, ci penso. Penso che sparire, implodere, non sarebbe male…
    Mi piace il tuo blog, l’ho trovato grazie a J.D.S. e lo esplorerò con calma. E intanto ti linko e ti cito.
    Piacere e a presto

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