Basta col farsi del male

E così, a una settimana dal voto, un pranzo domenicale in famiglia diventa terreno di scontro sulle primarie, perché ancora se ne parla e non se ne riesce a fare a meno. E si dice “basta! Parliamo d’altro per favore” e poi invece si ci ritorna. E arriva l’inevitabile déjà vu di quarant’anni fa, quando nella stessa famiglia il terreno di scontro era la diaspora dal PCI ai gruppi extraparlamentari, adesso invece non si capisce nulla. Abbiamo tutti ragione e tutti torto. Nessuno di noi ha votato con passione, si è scelto il meno peggio, e neanche questo è stato facile, s’è cambiata idea tante volte e alla fine si è votato con rabbia o con rassegnazione. Chi in passato è stato frondista ora ha invocato il voto utile, chi è sempre stato moderato, una volta per tutte ha scelto la provocazione, costi quel che costi; altri sono proprio rimasti a casa. Eccola la nostra famiglia di sinistra: volersi bene e discutere sempre.

Eccola la nostra sinistra!

Ma farsi del male no, per favore, adesso basta. Cosa ci vuole per mettersi attorno ad un tavolo e ragionare? Cosa ci vuole per assumersi tutti le proprie responsabilità, stilare un programma comune e trovare un’unione su quello piuttosto che sulle persone? Le faide sui personaggi della politica si chiamano populismo, i programmi sono invece partecipazione al bene comune. Ci vuole fatica, ci vuole mediazione, ci vuole pazienza, bisogna sotterrare le asce di guerra, sopire i vecchi rancori. Vent’anni fa, dopo le stragi, capimmo che non c’era più nessuno a difenderci dalla mafia e siamo scesi tutti in piazza. Oggi siamo forse messi peggio, nessuno è morto ma la sinistra lo sembra per davvero. Il nemico è più subdolo ed è dentro di noi, abbandoniamolo alla sua deriva verso destra e chiamiamoci ancora con più orgoglio “sinistra”, una sinistra di unione passionale, di liberazione generale. Forse non ci saranno più i partiti ma la capacità di aggregarsi sulle istanze comuni si, questo è il sale della democrazia. Dopo vent’anni diamoci di nuovo una smossa, con la morte di Falcone sembrava che ci fosse morto il padre, adesso sembra che ci sia crollata addosso la casa, la casa della sinistra. Non abbiamo più chi delegare, siamo soli e tutto è da rifare. In casi simili siamo stati capaci di essere grandi, cerchiamo di esserlo ancora una volta, perché non c’è scelta.

Io credo che con onestà si possa iniziare a parlare di programmi, a breve, a lunga o a lunghissima scadenza, questo dipenderà dalle forze che si riusciranno ad aggregare attorno ai programmi e alle idee. Io sono convinta che vale sempre la pena combattere per le idee, le proposte, i programmi, meno per le persone. Queste primarie si sono fermate sulle persone, sulla loro capacità o meno di essere combattive, di aggregare consensi. Ci si è chiesto di meno, e forse non se lo sono chiesti neanche i candidati, se i loro programmi valevano la pena di essere presi in considerazione, se c’era materia su cui lavorare. Tutto questo si deve ancora fare e forse sarà tardi per questo turno, ma la politica non deve mai fermarsi alla imminente tornata elettorale, piuttosto prevedere gli scenari futuri, intercettare i movimenti di pensiero, trovare parole nuove e nuove chiavi di lettura per stravolgimenti della storia pari a quello che stiamo attraversando adesso.

Rispondi

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.