Mario Lovergine

Mario Lovergine se n’è andato l’antivigilia di questo Natale, era nato a Bari nel 1942 ed è stato grafico, illustratore, designer, ceramista, scenografo e maestro.
Era arrivato a Firenze nella metà degli anni sessanta, per studiare e poi insegnare all’Istituto d’Arte di Porta Romana. Dal 1969 al 1972 era stato a New York dove si era occupato di graphic design, illustrazione e comunicazione. Tornò a Firenze per insegnare grafica nello stesso edificio di Porta Romana che giusto allora vedeva trasformare il CSDI (Corso Superiore di Disegno Industriale) in ISIA (Istituto Superiore per le Industrie Artistiche), Scuola di design equiparata all’Accademia di Belle Arti, dove io fui sua allieva dal 1975 al 1979.

L’Istituto D’Arte di Porta Romana negli anni settanta, quando al primo piano dell’ala destra ospitava l’ISIA.

Allora era un ragazzo trentacinquenne, guitto, divertente e non molto più maturo di noi studenti. Un grafico atipico ma di grande mestiere che ci affascinava con i racconti dalla grande mela e apriva le porte e le finestre della nostra creatività.

In una scuola dove ogni cosa doveva essere progettata nei minimi particolari, solo con lui mi sentivo libera di contaminare stili, copiare, comporre piccoli schizzi nel 70 X 100 di un cartoncino martello. Più tardi sarebbero arrivati i software di composizione grafica ma noi non lo sapevamo; si faceva tutto a mano, riposizionando a piacere con la cow gum glue i piccoli elementi di un disegno complesso, e poi ripulendo, ricopiando e colorando. Il massimo che ci potevamo permettere era una lavagna luminosa. Lui aveva una mano felicissima, un culto per l’attrezzatura messa sempre in bell’ordine nel suo studio di Borgo degli Albizi, ma anche una curiosità famelica per le nuove tecniche, che lo portarono dopo, con gli studenti che si succedettero a noi, a sperimentare il disegno e la composizione in digitale.

Una delle tante riunioni fra studenti e professori all’ISIA, Mario Lovergine è il terzo da destra, foto di Albano Ballerini.

Negli anni in cui ero sua allieva, Firenze si svegliava di continuo vestita delle sue immagini, e per noi studenti era proprio un orgoglio, perché quella città lui la contaminò con modi nuovi di fare grafica e comunicazione, con i suoi manifesti più belli e famosi: quelli per le iniziative cinematografiche della Regione Toscana, per il Kino Spazio, per le Arene estive al Forte di Belvedere, per le iniziative del Teatro Regionale Toscano.

Lo ritrovai su facebook molti anni dopo, diventato un vecchio saggio bofonchione ma attento ai cambiamenti della realtà sociale, e sempre a sinistra. Disegnava ancora febbrilmente, ma si divertiva anche con tutti i tipi di software, persino con i programmini degli smartphone, con cui ogni giorno in trattoria immortalava buffe composizioni dei suoi piatti.

Strano che in tutti questi anni fosse rimasto fedele all’ISIA, lui che ai miei tempi sembrava un cavallo pronto a agaloppare altrove. Sembra che dalla sua aula siano passate schiere di studenti, che ora come me sperano che la città di Firenze gli renda un meritato omaggio, soprattutto nel rione Santa Croce, dove ha sempre avuto studio e dove lo ricordano tutti.

Davvero impossibile pensare che sia morto, e poi non aveva neanche ottant’anni! Mi accorgo che mi manca, anche se fisicamente non ci vedevamo dai tempi del mio diploma.

Ma i maestri sono così, dialoghi con loro in ogni cosa che fai, e nella mia discontinua carriera non c’è stato disegno, bozzetto di costumi, progetto di manifesto o locandina, che non sia nato in un dialogo virtuale con Marione. Conscia di non avere la sua mano felice, ma guidata dai suoi suggerimenti a ragionare sulla composizione, centrare il focus del messaggio, posizionarlo nel punto più visibile. E’ così che i maestri sopravvivono alla morte.

Dal taccuino di Mario


Tutte le immagini di questo articolo sono estratte dal profilo facebook di Mario Lovergine.

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