Un destino reversibile, mafia, antimafia e società civile a Palermo

Nel riportare la rassegna stampa relativa a Vivi Villa Trabia m’ero imbattuta nella versione originale di quest’opera (che cita fra gli altri il nostro movimento), ovvero Reversible Destiny, mafia, antimafia and the struggle for Palermo, University of California Press, Berkeley, 2003. Ho scoperto poi che c’era una versione italiana che vantava l’introduzione di Salvatore Lupo e una postfazione di Salvatore Costantino; la casa editrice è Viella. Gli autori sono una coppi di studiosi statunitensi, Jane C. Schneider e Peter T. Schneider, che presumo abbiano passato del tempo a Palermo, in più riprese, studiando approfonditamente la storia della mafia, ma anche frequentando i movimenti antimafia nati dopo le stragi del 1992.

Probabilmente devo averli incontrati e dai loro racconti li inquadro nel salotto più colto, radical e intelligente della città, quello di Giuliana Saladino e Marcello Cimino, la cui figlia Marta è stata la principale animatrice del Comitato dei lenzuoli. Luoghi e persone che ahimè non ci sono più, ma che hanno lasciato un’impronta positiva nella mia città, ispirando generazioni di intellettuali di sinistra fra cui, immodestamente, anche me.

Come nel caso del volume L’altra resistenza, la storia della mafia è narrata dagli avamposti della sua opposizione, raccontando quindi i piccoli e grandi eroi dell’antimafia, con la descrizione minuziosa di una battaglia che sembra non avere fine, in un destino che gli autori scaramanticamente chiamano “reversibile”.

Gli Schneider osservano questa storia da una postazione esterna, distaccata ma partecipe, curiosa e benevola, capace di cogliere sfumature e divisioni interne.

Ad esempio ho ritrovato la fedele e disincantata descrizione di una delle prime riunioni del Comitato dei lenzuoli, a cui ho partecipato in una casa privata, in cui ci si divise sul nome di Salvo Lima, che alcuni avevano inserito fra i morti di mafia in uno spot da mandare in TV, mentre altri contestavano vivacemente questa scelta anche perchè, essendo immediatamente prima di quello di Giovanni Falcone, e godendo di una pausa che lo faceva leggere distintamente, suonava proprio come un’offesa. Ancora Paolo Borsellino non era stato ammazzato, e ancora qualcuno vedeva Lima come vittima piuttosto che sodale.

Ho visto poi descrivere le nostre riunioni primaverili nel giardinetto del centro sociale San Saverio, e tante altre situazioni in cui abbiamo discusso animatamente, con quella caratteristica al confronto propria della sinistra, che è anche il sale e la forza delle nostre battaglie.

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