Elda cap 24, I fratelli Santelia

Questo capitolo è letto da Alessandro Russo

A fine Agosto giunse alla depéndance della Villa Ignazio Santelia, un giovane che era stato collega di Vittorio alla Scuola Normale di Pisa, era con suo fratello Pietro, collega di Giulio e Pippo alla facoltà di legge, e arrivavano da Villalba, un paese al centro della Sicilia, non lontano dalle Madonie.

“Ancora non riesco a dimenticare il giorno che sei arrivato alla Normale: eri stato appena ammesso e subito volevi conoscere il professore Calogero[1].” raccontava Vittorio.

“Fu la prima cosa che mi raccomandarono i professori dell’Umberto[2] quando seppero che m’avevano preso, già al liceo eravamo tutto un gruppo che faceva politica clandestina.”

“E hai continuato anche lì, io Crociano e tu marxista-leninista…”

“Non ti preoccupare che ho continuato anche da militare e pure a Palermo mentre ero in licenza, sono già in contatto con tutti.”

“E adesso che dobbiamo fare? – chiedeva Vittorio – Gli americani ancora non hanno capito che rischio stanno correndo a frequentare certa gente.”

Ignazio sembrava già avere le idee molto chiare:

”Ma quelli lo sanno benissimo chi è certa gente, è che gli conviene stare con loro, altrimenti come lo facevano lo sbarco? Ma lo sai che cosa abbiamo visto io e Pietro a Villalba? Nel nostro paese vive un certo Don Calò Vizzini[3] che è il capomafia di tutta la Sicilia. Ora a parte il fatto che già tutto il paese sapeva il giorno esatto in cui dovevano arrivare gli americani…”

“Almeno abbiamo evitato di partire per la guerra – disse Pietro ridendo – io ero stato richiamato qualche giorno prima e Ignazio doveva ritornare al fronte dopo una licenza.”

“Siamo vivi grazie al capomafia.. – continuò Ignazio ridendo anche lui – insomma, un giorno ci vediamo arrivare ‘sti carri armati e scende un soldato con un foglio in mano, si mette a leggere con l’accento che hanno i figli degli emigrati, dice: Don Calò Vizzini e nel mentre Don Calò arriva con un fazzoletto… hai capito? Erano già appattati[4]!”

“Il fazzoletto era giallo con una sigla e l’avevano lanciato gli americani da un aereo qualche giorno prima.” – precisò Pietro.

“Ah si, vero! Comunque… Don Calò si mette tutto teatrale ‘sto fazzoletto sul petto e si avvicina al carro armato. Altro che Prefetto Mori! Chi glielo doveva dire a ‘sto mafioso? Quelli lo tirano su e se lo portano.”

“Ma la cosa più comica è che Don Calò, rotondo e impacciato com’era, si è andato a sedere sull’oblò del carro armato lasciando gli altri soldati chiusi dentro. Quelli bussavano e l’altro mentre si pavoneggiava seduto là sopra non capiva niente..” disse Pietro sganasciandosi dal ridere.

Il racconto era tragicomico e risero tutti.

“Insomma – disse Ignazio – se lo sono portato e per cinque giorni di Don Calò non s’è saputo più niente, poi è tornato con i soldati che lo proclamavano sindaco davanti a tutto il paese.”

“L’hanno fatto sindaco?” chiese Vittorio ricomponendosi dalle risate.

“Si l’hanno fatto sindaco, ma guarda che anche in altri paesi siciliani sta succedendo la stessa cosa. Tutta sta’ accoglienza festosa agli americani ti pare chi l’ha organizzata?”

“Anche a me è sembrato strano vedere Don Lillo, il mafiosetto di Bagheria, dire alle donne di mettere i lenzuoli ai balconi.” fece Vittorio.

“A Santa Flavia è successa esattamente la stessa cosa – intervenne Giulio – con quella serpe di Don Ciccio. Ah! – continuò – Aveva pure accanto un pidocchio arrinisciuto che veniva dall’America!”

“Hai visto che ho ragione? Poi è arrivato pure quel Finocchiaro Aprile[5] che è un altro personaggio…” fece Ignazio.

“E chi è questo?” domandava Vittorio.

“Uno pericoloso, é capo del movimento separatista[6].”

“Ma chi sono questi separatisti?” chiese Elda.

“Vogliono separare la Sicilia dall’Italia.” cercava di spiegare Giulio in parole povere.

“Il problema è che è un partito dove ci stanno i nobili latifondisti e pure i capi mafiosi.” continuò Ignazio, mentre il pensiero di Elda andava inevitabilmente alla famiglia di Augusto, alle coppole con i fucili in spalla e a quelli che a Pietralunga già sapevano il giorno della presa di Pantelleria.

…tratto dal romanzo Elda, vite di magnifici perdenti , di Maria Adele Cipolla

I capitoli illustrati verranno caricati ogni quattro giorni nella categoria Capitoli #progettoelda

Nella pagina Audiolibro #progettoelda si potranno ascoltare le letture di tutti i capitoli.



[1] Guido Calogero (Roma, 1904 – Roma, 1986) è stato un filosofo, saggista e politico italiano, Dal 1934 Calogero fu incaricato alla cattedra di “Storia della Filosofia” alla Normale di Pisa, impegnandosi nel frattempo nell’attività antifascista clandestina dentro e fuori la Scuola. Dalla sua collaborazione con Aldo Capitini nacque nel 1937 “il manifesto del liberalsocialismo” assunto come punto di riferimento dagli antifascisti, in special modo giovani. Il liberalsocialismo si faceva portatore di un antifascismo etico-politico, distinto rispetto all’antifascismo popolare che si opponeva al regime soprattutto per le proprie difficili condizioni di vita. Dopo l’entrata in guerra dell’Italia, i liberal-socialisti continuarono a fare opposizione collaborando con il movimento politico di Giustizia e Libertà fondato da Carlo Rosselli nel 1929 a Parigi. Questo causò l’intervento della polizia e del Tribunale speciale che colpì duramente con un’ondata di arresti e di denunce gli esponenti del Partito d’Azione nato clandestinamente negli anni 1942-1943 dalla confluenza di Giustizia e Libertà e dei liberal-socialisti. Arrestato dalla polizia fascista a Bari, Calogero fu condannato al confino a Scanno, in Abruzzo e fu poi liberato nel 43.

[2] Il Liceo Classico Umberto 1° è uno dei licei più rinomati di Palermo.

[3] Don Calò Vizzini era stato in collegamento col boss italoamericano Lucky Luciano che, dal carcere americano, aveva dato la sua collaborazione agli americani per lo sbarco.

[4] d’accordo

[5] Andrea Finocchiaro Aprile, era il capo del MIS ed era tornato a Palermo il 9 luglio 1943.

[6] MIS, Movimento per l’Indipendenza Siciliana.

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