Elda cap. 28, Un pacchetto dalle Madonie

Un pomeriggio di novembre suonò la porta di casa, cioè quel divertente espediente che tutti avevano installato in mancanza della luce elettrica, una campanella rudimentale legata a una corda. Andò ad aprire Wanda, era Augusto. Wanda, con indosso il grembiale, cercò di darsi un contegno mentre osservava attraverso gli occhi di costui la miseria della propria abitazione, a coronamento della quale c’era un catino di zinco al centro della sala d’ingresso che raccoglieva l’acqua piovana.

“Prego, entri, posso offrirle qualcosa mentre vado a chiamare Elda? Un caffè, un liquore?”

 “No, grazie, non è il caso di disturbare, col suo permesso vorrei condurre Elda a fare una piccola passeggiata.”

“Con vero piacere, si figuri, la vado a chiamare.”

Augusto rimase nel pianerottolo ad aspettare Elda e dopo qualche saluto impacciato la condusse per strada. Non sapevano come salutarsi e iniziarono a camminare in silenzio l’uno accanto all’altra, erano passati ben cinque mesi dalla partenza di Elda da Pietralunga, lei aveva dei sentimenti contraddittori perché avrebbe voluto abbracciarlo ma qualcosa la tratteneva, lui invece sembrava risentito.

Percorsero a piedi la via Dante e andarono a piazza Politeama a sedersi in un tavolino al primo piano dell’Extra Bar Olimpia. Elda stava per appoggiare i gomiti sul tavolino ma si ricordò che quel vestito di flanella scozzese, l’unica cosa decente che le era rimasta e che indossava quasi ogni giorno, aveva i gomiti lisi ed i polsi sfilacciati, così rizzò la schiena, si tirò su le maniche e appoggiò le mani in grembo.

Augusto aveva con sé un pacchetto e glielo diede.

“Un mese fa c’è stata l’apertura del testamento della nonna. Ci siamo stupiti nell’apprendere che aveva avuto il tempo di dettare al notaio un piccolo appunto, nel quale ti donava alcuni di quei volumi che erano stati oggetto delle vostre lezioni.”

Elda commossa aprì quel pacchetto, c’era una copia dei Miserabili, le Affinità Elettive, Orgoglio e Pregiudizio e anche una copia di Madame Bovary. Intanto Augusto, sempre con l’aria vergognata:

“C’è un’altra cosa che vorrei dirti. Vedi… la nonna ultimamente non era molto in sé… perché… vedi… ha scritto anche che era sua intenzione donarti dei preziosi, un paio di orecchini di corallo intagliato, un ricordo della casa materna. Beh ci siamo stupiti: c’è una vecchia regola per la quale i gioielli non si alienano mai.”

“Certo, disse Elda, capisco, non ti devi preoccupare, sono già molto lusingata per questi volumi.” – Augusto, gelido, continuò:

“Probabilmente la nonna aveva dato per scontato che tu saresti entrata a far parte della famiglia. Ma, vedi, non dobbiamo peccare di fretta, se tu diventassi mia moglie avresti il titolo, la posizione economica e tutti i gioielli destinati al primogenito, a me va la maggior parte del patrimonio di famiglia. Certo è ancora prematuro parlare di queste cose, la nonna ti ha introdotto in famiglia, ma ancora ho delle resistenze da parte dei miei genitori, sai…”

Quei discorsi davano a Elda la sensazione di precipitare indietro, non riusciva a stare attenta alle parole di lui e si era messa a guardare dal vetro della saletta al primo piano del Bar, si distraeva osservando la scena che si svolgeva nella Piazza: c’erano degli operai al lavoro attorno alla grossa buca provocata da una bomba, faticavano a togliere l’acqua che vi si era accumulata dopo il violento acquazzone della mattina; c’era una jeep con rimorchio posteggiata all’altezza della fermata del filobus, un gruppo di tre uomini ben vestiti, eccessivamente benvestiti e con facce poco raccomandabili, altri uomini invece, con le borse da professionisti, erano vestiti in modo più dimesso e non avevano il cappello, una coppia di giovani passeggiava a braccetto, lei aveva un abito chiaro troppo corto e troppo leggero per quel clima, non aveva neanche le calze, lui aveva una giacchetta estiva e si dava un contegno indossando una cravatta: cerchiamo di recuperare gli ultimi brandelli di dignità, le aveva detto Gorla e intanto Augusto insisteva nella disattenzione della ragazza:

“ …tu non hai una dote e i tuoi genitori non hanno posizione in società.” Elda cercò di rientrare nella conversazione:

“Hai ragione, è ancora prematuro parlare di queste cose. Qui la vita è difficile e tutti in famiglia stiamo dando una mano per riprenderci, io e mio fratello diamo lezioni private. Poi mi sono iscritta all’Università.”

Parlava a raffica, una cosa dopo l’altra, correttamente, con proprietà di linguaggio, ma nelle sue parole c’era un’antipatia di cui Augusto neanche si accorse:

“Fai bene a volere aiutare la tua famiglia, ma non devi esagerare, tu hai diritto alla tua vita, non ti ci vedo all’Università, poi prima o poi ci sposeremo, come pensi di conciliare le cose?”

“Per ora non ci penso e basta – tagliò corto Elda – del resto lo hai detto anche tu, è prematuro parlare di matrimonio.”

Che voleva lui? Che ne sapeva ormai di lei? Elda tornò a guardare fuori dalla finestra, da quell’angolo in alto vedeva persone a piedi che le passavano vicino e poi sparivano. Si erano accumulate troppe cose non dette, aveva paura della sua stessa rabbia. Cercò di riprendere un contegno e mostrarsi cordiale. Parlarono del più e del meno. Augusto si fece insistente nel chiedere della sua vita in città, chi stesse vedendo, cosa facesse nel tempo libero.

“Cosa vuoi che faccia? – disse Elda un po’ scostante – Le lezioni in facoltà non sono ancora iniziate, do ripetizioni finché c’è la luce del sole dopodiché mi vedo con qualche amica. Stiamo sedute sul letto a chiacchierare con la stanza al buio. Non si può uscire per strada con questi militari in giro. La sera mettono la luce elettrica per qualche ora e possiamo leggere o sentire la radio.” calò un gran silenzio.

Si era fatto tardi e uscirono dal bar incamminandosi in direzione della via Villafranca, la strada era buia e per Elda era insolito stare fuori a quell’ora. Per la prima volta lei era stata dura, scostante, distante, e invece lui, piuttosto che risponderle nello stesso tono, aveva cercato a modo suo di essere conciliante, addolcendo i toni man mano che lei incalzava, adesso a ripensarci lui le sembrava tenero e premuroso, provò pena, quasi tenerezza e quando arrivati vicino casa Augusto cercò un momento di intimità nel loro vicoletto, lei non seppe resistere e si baciarono. Quando ancora adesso Elda si chiedeva perché quel giorno non avesse lasciato Augusto doveva ammettere di essere stata tormentata da sentimenti contraddittori: aveva desiderio di calore umano e lui era lì smanioso di darglielo e di farsi perdonare le piccinerie della sua famiglia, le sembrava umano e arrendevole e questo lo rendeva irresistibile ma c’era anche qualcosa di inconfessabile: la posizione sociale cui lui aveva accennato. Fino a qualche tempo prima occasione irrinunciabile, adesso salvezza da una situazione di difficoltà, oppure seduzione di un mondo comodo e lusinghiero anche se ormai fuori dalla realtà. Quando pensava questo, quell’uomo, che aveva tratti più raffinati che belli, diventava attraente. Ritrovarono in questo modo la loro passione, anche lui sembrava tormentato, quell’accenno all’Università lo aveva fatto ingelosire ma nello stesso tempo la desiderava.

Ricominciarono a scriversi con regolarità. Lei seguitò a vivere una situazione altalenante costituita delle attesa delle lettere di Augusto, dall’attesa di quel matrimonio che prima o poi si sarebbe annunciato, e dalla spicciola quotidianità. Continuava a sentirsi indissolubilmente legata a un mondo composto dalla sua famiglia, la sua città e l’Università che adesso aveva iniziato a frequentare. Un mondo a cui avrebbe dovuto rinunciare col matrimonio, il messaggio era stato chiaro.

La sua facoltà le piaceva, le ragazze non erano tante ma c’erano le sue amiche Bianca e Giulia e presto fecero amicizia con altre. Le lezioni erano molto interessanti: i docenti antifascisti finalmente potevano consigliare testi che erano stati messi al bando durante il ventennio, instaurando con gli allievi un rapporto più paritario, parlando perfino di politica.

Come condividere tutto questo con Augusto? Lui non soltanto non vedeva di buon occhio l’istruzione di Elda, ma non aveva sentito il bisogno di averne una propria. Usava vantarsi, scherzando, di come il padre avesse corrotto i Padri Gesuiti per fargli ottenere quel diploma di ragioneria, necessario soltanto per la costituzione di una società che amministrasse i propri beni, per il resto lui non leggeva nulla e andava a teatro soltanto perché attirato dalla mondanità di quelle serate. La cultura della Principessa era stata interpretata dall’intera famiglia come una delle componenti di quel carattere eccentrico e nessuno ne era stato contagiato. Elda, nel tentativo di creare un legame, aveva parlato ad Augusto degli amici di Bagheria, del Duca, con cui la sua famiglia aveva dei remoti vincoli di parentela, lui invece aveva balbettato in modo sprezzante:

“Quella è gente che sputa nel piatto in cui mangia.”

E inoltre adesso Augusto stava diventando geloso. Il palazzo alla Marina era infatti stato bombardato dagli inglesi ed era inagibile, così lui con la famiglia era rimasto a Pietralunga mentre lei all’Università adesso aveva modo d’instaurare un insolito cameratismo con i ragazzi. Elda ogni tanto accennava, nelle sue lettere, a pomeriggi di studio nella biblioteca di facoltà citando i nomi maschili dei suoi colleghi e Augusto ingelosito scendeva in città di sorpresa. Si faceva trovare sotto il portone di via Villafranca o all’uscita della Facoltà, scostante con suo fratello e con i suoi colleghi, anche questo generava nella ragazza un sentimento contraddittorio: fastidio e lusinga. Elda e Giulio non avevano mai parlato di Augusto fra di loro, ma i silenzi sornioni del fratello stavano diventando per lei dolorosi, la mettevano in imbarazzo più di una battuta di scherno.

Tra Elda e Augusto le cose precipitarono in occasione della riapertura del Teatro Massimo, il 19 Dicembre, ci fu una vera e propria scenata. Il teatro era stato chiuso il 4 maggio del ‘42 e per fortuna era stato risparmiato dai bombardamenti, tranne una piccola bomba che aveva perforato il tetto del palcoscenico provocando danni minimi. Adesso la gestione americana[1] lo aveva requisito per produrre una breve stagione[2] in collaborazione con l’Ente Autonomo. Era quello il segnale della rinascita della città ed era in programma un concerto diretto dal Maestro Raccuglia[3], in cui era solista il pianista Arthur Rubinstein. Il teatro era gremito, vi erano tutte le alte gerarchie militari alleate e i palchi erano affollati dai membri delle migliori famiglie.

La famiglia di Augusto era scesa dalla campagna per l’occasione e adesso era tutta schierata nel proprio palco. Elda non era stata invitata. All’ultimo momento a casa Lorenzi erano arrivati dei biglietti per il loggione, il sovrintendente del teatro era infatti un loro lontano parente ed era uso mandare dei biglietti ai ragazzi, per assicurare una claque in teatro. Così Elda e Giulio erano andati con Igea, Vittorio, Pippo, Giovanni e Corradino.

L’indomani Augusto, che a quanto pare non aveva mai smesso di osservarla col binocolo, le fece una sfuriata.

“Ho dovuto scoprire per puro caso che eri anche tu a teatro!”

“Abbiamo avuto i biglietti all’ultimo momento, tu avevi un posto migliore e non ho pensato a offrirtene uno.”

“Non sapevo neanche chi fossero quelle persone, quel giovane che avevi accanto! Leggevi il programma dalle sue mani, ridevi e scherzavi!”

“Era Vittorio, e sua moglie era seduta al suo fianco.”

Augusto iniziò a ricomporsi leggermente vergognato.

“Comunque il torto non è soltanto tuo, questa situazione sta diventando insostenibile, avrei dovuto portarti con me se soltanto fossimo già fidanzati.”

Augusto disse queste parole mostrando la sua sofferenza, quella di un animale in trappola, amava Elda, questo era chiaro e capiva anche che per colpa dei formalismi che si era imposto stava rischiando di perderla. Elda avvertì i suoi sentimenti e fu lei questa volta a cercare l’intimità, si baciarono in modo sofferto e appassionato prolungando quel contatto, come temendo che fosse l’ultimo, poi lui, stringendole le braccia quasi a farle male le disse:

“Domani parlerò con la mia famiglia. Io voglio sposarti.”

Aveva gli occhi lucidi e anche Elda si commosse.

…tratto dal romanzo Elda, vite di magnifici perdenti , di Maria Adele Cipolla

I capitoli illustrati verranno caricati ogni quattro giorni nella categoria Capitoli #progettoelda

Nella pagina Audiolibro #progettoelda si potranno ascoltare le letture di tutti i capitoli.



[1] IBS Special Service.

[2] Dal 24 dicembre 1943 al 4 aprile 1944. Dal 5 aprile al 5 giugno 1944 gli spettacoli continuarono sotto la gestione americana finché il teatro non fu derequisito e riprese la sua attività artistica ufficiale.

[3] Il Maestro Filippo Ernesto Raccuglia aveva assunto la sovrintendenza del Teatro nel 1941.

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