Ruggero e l’Opera dei Pupi

I pranzi della domenica dalla nonna sono attesi da Zisa con grande trepidazione, prima di tutto per il timballo di anelletti e poi perché è bello stare insieme, con la nonnina sempre sorridente che dice cose spiritose. Si tratta della bisnonna Giovannina, che è la mamma della nonna. L’altro giorno, per esempio, Zisa aveva interrotto la conversazione per ricordare a mamma e papà il pagamento della quota per la gita, il prossimo martedì, al Museo delle Marionette a vedere l’opera dei pupi. “Che bel programma!” aveva detto la mamma. “Sono contenta che la scuola organizzi attività istruttive” aveva detto la nonna. “Si, certamente, sarà una bella mattinata, vedrai!” aveva detto papà.

“Hihi, – ridacchiò la bisnonna – attenta che non ti finisca come Ruggero! Che per l’opera dei pupi stava per essere rinchiuso al Convitto!”

Purtroppo Zisa non aveva fatto in tempo a chiedere chi fosse Ruggero, perché dal Museo delle marionette la conversazione era scivolata sui musei che non hanno abbastanza soldi.

Il lunedì la classe di Zisa fu preparata adeguatamente dalla maestra sull’Opera dei Pupi (1) guarda in basso per la spiegazione:

Zisa era stupefatta nell’apprendere che l’opera dei Pupi nel passato era amata quanto adesso la televisione, e che le persone andassero ogni sera sgomitando per sentire la continuazione delle storie raccontate dai pupari. La notte non riuscì a dormire tanto era emozionata e l’indomani arrivò puntualissima all’appuntamento al museo. Quel giorno c’era in programma l’opera “Primo amore di Ruggiero e Bradamante”: si narrava di Bradamante, sorella di Rinaldo e valorosa guerriera cristiana, che si innamorava di Ruggiero, saraceno, per la qual cosa sposarsi non era affatto semplice.

Zisa seguì con enorme interesse lo spettacolo notando anche la strana coincidenza del nome Ruggiero o Ruggero. Era di un certo Ruggero che parlava la bisnonna e qui Ruggero era un paladino dall’armatura lucente. Era al paladino che si riferiva la bisnonna? Cosa voleva dire?

Voleva saperne di più su Ruggero e lo domandò ai pupari, che le spiegarono pazientemente:

Ruggero (o Ruggiero) è un personaggio dell’”Orlando Innamorato” di Matteo Maria Boiardo e dell’”Orlando furioso” di Ludovico Ariosto. E’ un giovane guerriero discendente dalla stirpe di Ettore e da lui discenderanno gli Estensi. E’ anche fratello gemello di Marfisa e figlio di Ruggero II. Il suo cavallo, che ha una macchia bianca sulla fronte, si chiama Frontino, mentre la sua spada è fatata e si chiama Balisarda.

I giovani pupari fecero anche provare a Zisa il pupo che raffigurava Ruggiero. Il nesso fra Ruggiero e la bisnonna però non era ancora chiaro.

Dopo qualche giorno si festeggiavano i settant’anni della nonna e Zisa partecipava col vestito della festa, annoiandosi un pò, con tanti parenti anziani e con le amiche della nonna che chiacchieravano a voce alta. Anche la bisnonna sembrava annoiarsi, da sola nel divano, così Zisa ne approfittò per andarsi a sedere accanto a lei e chiederle chi fosse Ruggero. Onestamente, la nonnina non si ricordava più della conversazione di quella domenica a tavola, ma Zisa gliela fece tornare in mente.

“Ah si, stavamo parlando di Ruggero che andava sempre a Ballarò a vedere l’Opera dei pupi.”

“Appunto! Ma chi era Ruggero?”

“Io ero pazza di Ruggero, era il mio cavaliere, sai io ero la più piccola e lui il più grande dei cugini.”

“Era un tuo cugino?”

“Si, che monello!”

“E mi racconti di lui?”

“Si, prendi quel grande album di fotografie, che te lo faccio vedere.”

Zisa prese dalla libreria l’enorme album di fotografie un pò polveroso, quello vecchissimo che nessuno guardava mai e che era talmente grande da dover stare coricato in uno scaffale. Zisa pulì l’album con un tovagliolino di carta della festa e andò ad accoccolarsi accanto la nonnina  aprendolo sulle sue ginocchia.

La nonnina cominciò avidamente a sfogliare le pagine spesse e pesanti

“Ecco!” – mostrando una foto acquerellata – “qui c’è Ruggero con la zia Agnese e lo zio Guglielmo, sempre elegante la zia Agnese! Era una donna di gran mondo!” – poi mostrando un’altra foto: “Qui invece Ruggero è con la signorina Lalla nei giardini della cattedrale, quanto gli voleva bene la sua Lalla!”

E la bisnonna continuò: “Ruggero sapeva come ottenere da Lalla tutto quel che voleva! Lui era figlio unico e a casa si annoiava, così costringeva Lalla a camminare per tutta la città. La famiglia abitava in un bel palazzo al Cassaro, il Corso Vittorio Emanuele, dove nello stesso palazzo c’era anche lo studio di zio Guglielmo, che era un noto penalista. Era una famiglia a modo, ma Ruggero era ossessionato dalle viuzze attorno al Cassaro, quelle verso il mercato del Capo e quelle verso il mercato di Ballarò; sai quelli erano posti per il popolino, zio Guglielmo non sapeva che Ruggero costringesse Lalla a tessere quelle viuzze avanti e indietro. Era rapito da quella vita, dai mercati, dalla gente che gridava per strada, dai panni stesi, dall’acquaiolo, dal falegname, dal cestaio, dall’impagliatore, dal cantastorie, dal costruttore di carretti… dai monelli che sembravano divertirsi molto più di lui.

Soprattutto era attratto da un teatrino dei pupi che c’era a quei tempi a Ballarò.

Non usava che famiglie come le nostre andassero ad assistere all’opera dei pupi, così Ruggero ci mise qualche mese a convincere Lalla ad acquistare un biglietto per entrambe e assistere a uno spettacolo. Non l’avesse mai fatto! Il teatrino diventò l’ossessione di Ruggero!

Non solo costringeva Lalla a spendere un patrimonio per gli ingressi al teatrino, ma voleva andarci ad ogni ora per vedere i pupari dietro le quinte: gli piaceva osservare il puparo e i figli che provavano i movimenti, e poi il nonno puparo che costruiva i pupi e la moglie che ne cuciva i vestiti, e lo zio che dipingeva i fondali e un altro zio in una bottega accanto che batteva il rame per costruire le armature, e un altro zio ancora che costruiva i cavalli e i draghi di cartapesta, e poi leggeva quei quaderni vergati a mano in cui i pupari trascrivevano i canovacci delle opere, per poi comunque recitare a braccio. Ruggero, che tra l’altro si chiamava come uno dei paladini di Francia, era diventato uno di famiglia, il puparo lo adorava ma viveva nel terrore che un bel giorno zio Guglielmo piombasse lì furioso a riprendersi il figlio, magari influente com’era poteva anche fargli chiudere bottega. Ma zio Guglielmo era troppo occupato nel suo studio e zia Agnese nelle sue attività mondane e passarono dei mesi prima che si accorgessero della doppia vita di Ruggero, e solo perché qualche mala lingua andò a riferire che il figlio dell’avvocato girava per i vicoli con la bambinaia.

Successe un finimondo!

Urla! Strepiti! Mischiarsi col popolino! Con gente di bassa cultura! La zia finse uno svenimento e al culmine del parapiglia zio Guglielmo minacciò di licenziare la bambinaia Lalla e rinchiudere da interno Ruggero al Convitto Nazionale.”

Finalmente Zisa aveva la spiegazione di quella frase buttata lì dalla bisnonna quel giorno a pranzo! Pensò anche che papà avesse ragione quando diceva che quella della mamma era una famiglia di snob con la puzza sotto il naso.

Il Convitto Nazionale poi era la stessa scuola frequentata da Zisa e per lei era bellissima, con tanti cortili per giocare e maestri simpatici, però una volta aveva visto appese al corridoio delle foto del colore di quelle della bisnonna, con bambini tristi e seri. Ricordava che c’era anche una foto del dormitorio di quei tempi: una camera lunga e spettrale con tanti letti tutti uguali.

La nonnina continuò: “Non so se zio Guglielmo dicesse sul serio ma Ruggero andò a dormire terrorizzato mentre Lalla singhiozzava, si sentiva in colpa per lei ma soprattutto temeva di essere rinchiuso in collegio senza più la libertà di girare per i suoi vicoli.

E l’indomani la fece grossa! All’orario d’uscita dalla scuola, mentre era in fila nell’atrio con i suoi compagni, approfittando di una attimo di distrazione del bidello, si staccò dalla fila e iniziò a correre a perdifiato riuscendo ad uscire da una porticina laterale che sapeva essere sempre aperta.

Corri corri e arrivò al vicolo del teatrino a Ballarò. Trovò il puparo al lavoro nel laboratorio e corse verso di lui singhiozzando, raccontandogli fra le lacrime che i suoi genitori volevano rinchiuderlo in collegio, supplicandolo di prenderlo con sé, promettendo di aiutarlo nel teatrino, sostenendo di avere già imparato il mestiere.

Il puparo non ci pensò due volte, afferrò Ruggero per un braccio e si avviò con lui verso lo studio di zio Guglielmo. Nel frattempo Lalla, dopo aver aspettato invano Ruggero davanti il portone del Convitto, dopo averlo cercato in ogni aula, dopo aver chiesto a bidelli e insegnanti dove fosse finito il suo bambino, rendendosi conto che costui era scappato, ebbe un malore e svenne.

Un giovane insegnante la trovò priva di sensi in corridoio, la sollevò e la portò negli uffici del Rettore per chiedere aiuto.  

Lo zio Guglielmo non era quindi stato avvertito della fuga di Ruggero, e quando se lo vide davanti la sua scrivania col puparo urlò:

Chi è lei? – Cosa ci fa con mio figlio?

Sono il puparo di Ballarò

Ah è lei! Lei che ha traviato mio figlio! La farò mettere in galera!

Ma il puparo era un maestro affabulatore, capace di competere con un principe del foro quale era zio Guglielmo, così senza dare a quest’ultimo il tempo di ribattere, in un florilegio di prosa medievale, saltando dal Boiardo all’Ariosto, raccontò le gesta di Carlo Magno e dei paladini di Francia, di Orlando e di Rinaldo, della contesa Angelica, di Ruggero e di Bradamante, mostrando una notevole cultura e una meravigliosa proprietà di linguaggio.

E quando zio Guglielmo restò intontito e affascinato dalle sue narrazioni il puparo propose un accordo.

Ruggero avrebbe promesso di andare al teatrino solo una volta a settimana, il giovedì, a patto che fosse accompagnato dal padre, in modo da essere protetto dai “pericoli” del vicolo.

Ma non se ne parla neanche! Io lavoro tutto il giorno, non ho il tempo per queste sciocchezze! Rispose lo zio”

“E come andò a finire?” Chiese in apprensione Zisa

“Che il puparo rispose: Abbiamo uno spettacolo alle sette frequentato da alcuni professionisti.

Zio Guglielmo aspettava solo un cenno perché era già convinto; moriva dalla curiosità di andare al teatrino dei pupi da quando era un bimbetto. Così Ruggero e il suo papà iniziarono a frequentare il teatrino ogni giovedì divertendosi moltissimo; non avevano mai fatto nulla insieme prima di allora. E poi crescendo Ruggero divenne un collezionista di pupi. Quando è morto erano talmente tanti che sono stati donati al Museo delle Marionette.”

“E Lalla? -chiese Zisa – Fu Licenziata?”

“Figurati se la zia Agnese poteva fare a meno di lei, impegnata com’era nella sua vita di società! La signorina Lalla rimase a lavorare per la famiglia fino a quando non sposò il giovane insegnante del Convitto, quello che s’era preso cura di lei quando era svenuta.”

(1) L’Opera dei Pupi

L’Opera dei pupi è una tradizione che risale al XVIII secolo, quando i siciliani iniziarono ad usare il teatro delle marionette per rappresentare le vicende dei paladini di Carlo Magno.

I pupi sono tradizionalmente scolpiti in blocchi di legno di faggio, olivo o limone, alti circa 75 cm. Sono piccole opere d’arte finemente decorate in ogni dettaglio e grazie alle loro giunture in corda e alle loro armature metalliche, sono in grado di dare vita a colorite e rumorose battaglie. La bravura del puparo, oltre che nella capacità recitativa, sta anche nella destrezza con cui fa risuonare i duelli, avvalendosi di rumori di fondo, come ad esempio il picchiare dei piedi sulle travi del palcoscenico. Fino agli anni sessanta il teatro dei pupi era l’unica forma di intrattenimento popolare e la gente seguiva sera dopo sera le vicende a puntate dei suoi personaggi, tratte dai romanzi e dai poemi del ciclo carolingio, dalla Storia dei Paladini di Francia e dall’Orlando furioso.  Il ciclo carolingio è costituito da canti di poeti cortesi e di giullari del primo medioevo, che in seguito furono raccontati nel poema di Matteo Maria Boiardo “l’Orlando innamorato” e in quello di Ludovico Ariosto “l’Orlando furioso”.  Si tratta di un complesso di canzoni di gesta francesi medievali, imperniate intorno alla figura di Carlo Magno e celebranti le imprese sue e dei suoi fedeli, fra cui il più importante è il nipote Orlando. Il paladino Rinaldo è invece cugino e rivale in amore di Orlando, al quale contende la bella Angelica. Oltre alle vicende dei paladini di Francia i pupari a volte raccontano vicende politiche della loro contemporaneità, utilizzando la finzione per potere irridere e contestare il potere politico di turno.

Purtroppo ormai da tanti anni la televisione ha sostituito l’opera dei pupi nell’interesse dei palermitani. Sopravvivono alcuni teatrini frequentati principalmente da gruppi scolastici e da turisti. L’associazione Figli d’arte Cuticchio, tuttavia, conduce un meritorio lavoro di valorizzazione dell’Opera dei Pupi, essendo anche riuscita a riqualificare la via Bara all’Olivella, dove risiede il teatrino, che adesso è pedonalizzata e ricca di artigiani. Mimmo Cuticchio, erede del padre Giacomo, è inoltre un importante esponente della tradizione dei cunto siciliano, che ha esibito in tutto il mondo ottenendo numerosi premi internazionali. Nel 2015 la collezione di pupi della famiglia Cuticchio è stata acquisita dalla Fondazione Sicilia, ed è esposta a Palermo a Palazzo Branciforte.

Il mondo dell’Opera dei pupi è esposto a Palermo al Museo internazionale delle Marionette, fondato da Antonio Pasqualino, famoso collezionista di pupi siciliani.

Un’altra famiglia di pupari che continua la tradizione è quella degli Argento, con un teatrino che a sede in una traversa del Cassaro, in alcuni locali di Palazzo Asmundo e un piccolo laboratorio di pupi (realizzati secondo la tradizione) venduti al pubblico in corso Vittorio Emanuele, quasi ad angolo con la Cattedrale.

Nel 2008 l’UNESCO ha iscritto l’Opera dei Pupi tra i Patrimoni Orali e Immateriali dell’Umanità, dopo averla originariamente proclamata nel 2001. È stato il primo Patrimonio italiano a esser inserito in tale lista. Anche il cunto di Mimmo Cuticchio è stato iscritto tra i Patrimoni orali e immateriali dell’umanità dell’UNESCO.

Il Convitto Nazionale è adesso intestato al magistrato Giovanni Falcone, suo illustre allievo, che il 23 maggio del 1993 è stato barbaramente ucciso dalla mafia. E’ una scuola moderna con ottimi insegnanti e bellissimi spazi per muoversi e giocare.