Vivi Villa Trabia 6

Sesta Parte

Compra Vivi Villa Trabia, una battaglia civile nella nuova versione illustrata

Il Carnevale a Villa Trabia esigeva la collaborazione di professionisti e coinvolgemmo sedici animatori, ognuno esperto nel proprio settore, che avrebbero lavorato in quattro squadre differenziate per l’ordine di età dei bambini; della drammatizzazione e della regia si sarebbero occupati Salvo Pitruzzella e Beatrice Monroy; di tutta l’organizzazione la cooperativa «Sintesi Cultura».

Povera Palermo così carente di iniziative che in al­tre città sarebbero scontate! Lunedì 20 febbraio 1995 alle 15 iniziavano le iscrizioni dei bambini e, malgrado per ragioni di tempo non fosse stata fatta una adeguata pubblicità, vedemmo genitori mettersi in coda già alle due e mezza del pomeriggio. Alle 15,30 si era già raggiunto il numero previsto, e per tutto il resto della settimana ci furono scene strazianti di bambini che piangevano per essere inseriti e mamme supplicanti. Fu un problema dovere dire di no a molti: se avessimo avuto a disposizione tutto il pianoterra, se avessimo potuto avvicendare altre iniziative di questo tipo, ma­gari più a lunga scadenza… questo, spiegavamo, faceva parte del nostro progetto futuro per Villa Trabia.

Ci giocavamo anche la scommessa di dimostrare che i bambini sanno rispettare un luogo storico, così tutto il lavoro che prevedeva pitturazione o falegnameria fu fatto all’esterno della casena, per il resto stavamo attentissimi a non sporcare muri e parquets e quando finimmo, i locali furono riconsegnati agli uffici senza alcuna traccia di tutta quella moltitudine di bambini e adulti che li aveva occupati.

Un momento del laboratorio per il Carnevale a Villa Trabia del 1995, io in piedi e, alla mia sinistra, Beatrice Monroy.
La locandina che ho disegnato per la manifestazione del Carnevale a Villa Trabia del 1995

Che bella settimana che fu! Arrancavamo sfinite ma soddisfattissime, assistevamo a scene bellissime: i ragazzi dello Zen (si fa per dire perché si presentarono a noi uomini e donne di esperienza vissuta, che fumando sigarette guardavano dall’alto in basso quel lavoro di bambini) dopo un po’ si intrigarono moltissimo a creare stupende ali di farfalla con la carta, o a costruire i carri di attrezzeria con legno, martello e chiodi, o ad aiutare i bambini più piccoli, magari abitualmente frequentatori di esclusive scuole private, a costruirsi il loro costume. Con i bambini della vicina parrocchia vedemmo anche arrivare quei piccoli extracomunitari che nel cortile del «Mario Rapisardi» giocavano sempre in disparte: simpaticissimi e allegri si costruirono dei meravigliosi costumi da angelo tutti bianchi e argento. Il papà di un compagnetto di Va­lentina e Mariacarla ci disse di essere diplomato all’istituto d’arte, malgrado avesse dovuto accontentarsi di vari lavori che non rispondevano affatto alle sue aspirazioni, e alcuni pomeriggi si fermò con noi ad aiutare suo figlio e altri bambini a costruire splendide ali d’uccello. Nel coinvolgimento generale anche i dipendenti dell’assessorato diedero sfogo alla loro creatività: un funzionario dimostrò la sua passione già conclamata per la scultura, creando con i pezzi di multistrato rimasti dalla costruzione dei carri, una bellissima figura astratta di paladino e un’impiegata compose una dolcissima poesia, tutta con le rime baciate, sull’avvenimento di quel carnevale.

Parte del nostro gruppo di lavoro per il Carnevale del 1995 a Villa Trabia. Francesca è seduta avanti col golf azzurro chiaro, Anna è la prima seduta a sinistra, accanto a Beatrice, io sono seduta al centro con le dita in segno di vittoria, alla mia sinistra Emilia e, in piedi con la pipa, Salvo Pitruzzella.

Giovanni Ferro e Laura Iacovoni, i due assessori promotori, vennero spesso durante quei pomeriggi a vedere come procedeva il lavoro, erano contenti di essere fermati dalla gente che li ringraziava e convinsero Orlando, che si stava rimettendo dalla sua convalescenza, a presenziare alla manifestazione della domenica.

Rassegna stampa del Carnevale 1995 a Villa Trabia

Orlando per la prima volta potè vedere una nostra manifestazione. Anna lo invitò al tavolo delle torte per un assaggio ed egli simpaticamente rispose a quell’invito contribuendo di persona alla distribuzione. Anna trovandoselo come un ostaggio al suo fianco, non perse l’occasione per catechizzarlo a dovere e gli strappò la promessa per un incontro due giorni dopo.

Effettivamente l’incontro mi fu confermato il giorno dopo dalla sua segretaria di Villa Niscemi per il martedì, giorno in cui però ricevetti una telefonata che lo disdiceva per sopravvenuti impegni del sindaco. In realtà Orlando aveva avuto una ricaduta e doveva riprendere per un po’ la sua convalescenza. Nel frattempo era scoppiato un caso per certe sue dichiarazioni a «Tempo Reale». E così in un primo momento seppure a malincuore ci mettemmo da parte, ma i giorni passavano e per noi non arrivava nessuna convocazione, sebbene venissimo a sapere che in certe occasioni Orlando aveva interrotto la sua convalescenza.

Così ricominciammo a telefonare a tutti i vari segretari e consulenti per caldeggiare il nostro incontro, il 6 marzo telefonai fra questi a Rosalba Bellomare della segreteria del sindaco che, come gli altri, mi rispose che al momento non poteva fare nulla. La pregai allora di tenermi informata circa qualche occasione pubblica in cui il sindaco sarebbe stato presente, in modo che noi potessimo incontrarlo un momento, anche di sfuggita. Non mi disse però che l’indomani il sindaco, in occasione delle celebrazioni per l’otto marzo, avrebbe incontrato le associazioni femminili a Palazzo. Questo sebbene Simona Mafai, organizzatrice di quell’incontro, ci avesse inserite nella lista delle invitate: l’invito non arrivò mai e noi non venimmo a sapere in altro modo di quel programma.

Sebbene noi siamo un gruppo di donne, e chiaramente di formazione femminista, abbiamo, come molte altre, smussato tanti estremismi, e cercato di trovare negli anni un modo per mediare l’impegno con la vita quotidiana: è stato così anche per Villa Trabia. Inoltre la «festa» dell’otto marzo non ci infer­vora più come una volta, anzi irritava un po’ l’atteggiamento che induce a festeggiare il «nostro giorno», come se fosse l’unico giorno di libera uscita in tutto l’anno.

Chiesa e centro sociale di San Francesco Saverio

Per quella data era stata fissata una riunione delle associazioni del cartello «Palermo Anno Uno» per discutere dell’iniziativa «la scuola adotta un monumento» di cui il cartello era promotore. Durante la settimana del carnevale Nino Lo Bello era venuto a Villa Trabia ad abbracciarci felice per quel traguardo che avevamo raggiunto, e ci aveva ricordato di intervenire in questo programma: in effetti eravamo un primo esempio di adozione simbolica di un monumento.

Ecco dunque un’ottima cosa da fare per quella sera, ma questo non tolse che Anna volle trascinarci ugualmente a prendere un panino insieme (le nostre finanze non ci consentivano altro) prima della riunione. Così ci ritrovammo quella sera a popolare la città al pari di innumerevoli altre frotte di donne e alla fine ci divertimmo un mondo.

Anna Meacci

Giunte davanti al centro S. Saverio dove era stata convocata la riunione, trovammo il deserto, evidentemente qualcuno aveva ricordato la ricorrenza e aveva fatto spostare la data. Certo non avevamo il coraggio di tornare a casa, e dopo un po’ di giri disorientati per la città con la macchinetta di Francesca, io mi ricordai che Maurizio era al teatro Teatés, e probabilmente pensammo per sovrintendere a qualche spettacolo: almeno saremmo entrate gratis. Invece anche lì, per conto del comune, si celebrava l’otto marzo, con quelle fortunate che l’avevano saputo in tempo (i manifesti furono affissi l’indomani).

A quel punto ci arrendemmo a festeggiare anche noi la ricorrenza e la serata si concluse in maniera veramente interessante: con una performance di Anna Meacci, che forse anche grazie a due quinte che caddero fragorosamente nel bel mezzo dello spettacolo, continuò a braccio in maniera esilarante. Erano veramente anni che non ridevamo così e continuammo anche dopo, quando Maurizio ci con vinse ad accompagnarlo a cena con Anna Meacci e il suo impresario. Le due Anne, quella toscana e quella siciliana, fecero scintille insieme e da quell’incontro poteva nascere anche un sodalizio proficuo per le attività che volevamo proporre per Villa Trabia.

Purtroppo però a teatro avevamo ricevuto quella che per noi fu quasi una coltellata, si era avvicinata a noi un’amica che ci comunicava che il sindaco, in quell’incontro a palazzo, aveva promesso alle associazioni femminili una «stanza» di Villa Trabia. Quindi lei voleva prendere accordi con noi su come coordinare il suo insediamento (non capimmo mai a che titolo ci parlava).

L’indomani Simona Mafai mi telefonò per dare una versione più corretta dei fatti. Innanzitutto scusandosi per il disguido che non ci aveva permesso di partecipare a quell’incontro, mi raccontò che lei, anche per rettificare il tono di un dibattito che scivolava troppo sui temi dell’antimafia, era intervenuta a nome di «Mezzocielo» per portare il discorso su argomenti propositivi per il governo della città. Aveva così portato ad esempio la manifestazione del carnevale, complimentandosi col sindaco e ricordando che proprio «Mezzocielo» a questo riguardo, nel prossimo numero, avrebbe dato uno spazio considerevole ad una nostra intervista.

Come era accaduto a settembre durante la conferenza stampa di chiusura dell’«Estate Palermitana», quando il sindaco alle sollecitazioni di Anna sull’attuazione del nostro progetto, aveva risposto con un argomento non soltanto non pertinente ma che ci aveva irritato ulteriormente, e cioè la promessa che l’installazione della sala matrimoni sarebbe stata realizzata il più presto possibile. Così adesso ai complimenti alle nostre attività il Sindaco rispondeva con una ulteriore mancanza di considerazione delle nostre richieste: noi alle quali si doveva in parte il fatto che la casena fosse divenuta patrimonio cittadino, noi che non chiedevamo un insediamento, ma una programmazione culturale di pubblica fruizione, noi non venivamo neanche riconosciute come gruppo di donne. Tra l’altro questa promessa vaga a gruppi femminili risultava anche anonima: chi erano questi gruppi? Tutti? Uno in particolare? E quale? Chiunque a questo punto poteva rivendicare questa stanza (ed era già accaduto). E poi per farne cosa? Metterci un fax e un telefono e svolgerci qualche riunione?

A questo punto la casena poteva venire lottizzata in un condominio di chiunque fra vari organismi associativi, sindacali ecc… ne facesse richiesta, senza nessun tipo di programmazione e senza verificare in che modo le loro attività potessero tornare utili alla collettività. Tra le altre cose Simona osservava che a loro non interessava neanche una sede a questo scopo. Tutt’al più, cosa che rientrava pienamente nei nostri progetti, sarebbero volute volentieri intervenire in una programmazione culturale del centro di Villa Trabia, magari con argomenti specificatamente al femminile. Insomma quando si vuole accontentare tutti, si finisce per far tutti scontenti…

Adesso che stiamo per compiere il nostro secondo anno di vita, che pensavamo di festeggiare «un pomeriggio di un giorno d’aprile» su una panchina con i nostri figli e il nostro ciambellone… adesso cominciamo seriamente a credere di non essere state mai prese sul serio e non abbiamo più tanta voglia di andare avanti. Villa Trabia era un compitino facile facile, tanto per cominciare a governare e invece sta diventando un conti­nuo rinvio di decisioni. Villa Trabia ci ha dato il modo di fermarci un attimo prima dei quarant’anni, e cercare di capire come siamo fatte, ci ha dato la forza per affrontare i problemi che si presentano a questo punto della vita: qualcuno che ci lascia per sempre, i figli che diventano adolescenti, i soldi che non bastano mai. È servito ad aumentare il nostro valore di donne, in famiglia e nel lavoro, e questo sicuramente ci darà più sicurezze in futuro. Speriamo che questo sia effettivamente servito a questa città, altrimenti non servirebbe neanche a noi stesse. Certo era meglio chiudere con un lieto fine… Da questo momento vogliamo fermarci a contare quanto tempo passerà, se mai questa «cosa» si farà tenendoci pronte a rientrare in pista…

Maria Adele Cipolla, Palermo 13 Marzo 1995

Pino Caruso, Direttore Artistico di Palermo di Scena 1995, con Valerio Festi e Monica Maimone, organizzatori del Festino

Un pomeriggio di settembre dello stesso anno, stiamo percorrendo in uscita il viale principale di Villa Trabia. Ci siamo date appuntamento per assistere all’ultimo spettacolo per bambini di questa estate palermitana ’95 e ci rivediamo per la prima volta dopo l’estate. C’è anche Francesca tornata da Caltagirone, davanti a noi cammina il gruppetto dei nostri figli… durante l’estate sono tutti allungati. Parlottano fra di loro col pallone sottobraccio, i muscoli delle gambe irrigiditi dalla corsa, le ginocchia sbucciate, il viso rigato di sudore e terriccio; anche Vittoria, che è la più piccola, sculetta sicura inserendosi nella conversazione. Che bello vederli insieme, stanchi e soddisfatti dopo un bel pomeriggio a Villa Trabia! È un quadretto che rende giustizia a tutto il nostro lavoro per questo posto, ma può bastare?

Francesco Giambrone negli anni novanta

Abbiamo ormai capito che il nostro progetto non verrà mai realizzato, da marzo ad ora ci sono stati altri sei mesi di rinvii e disattenzioni da parte dell’amministrazione comunale. A luglio siamo state convocate dal nuovo assessore alla cultura Francesco Giambrone, forse il più sincero e concreto, infatti non si è molto sbilanciato anche se non ha escluso che almeno la biblioteca possa realizzarsi: quando non si sa, ammesso che per quella data sia ancora disponibile qualche stanza. A poco a poco infatti ambedue i piani della casena subiscono un progressivo stanziamento di scrivanie, sedie, armadietti, fax e computer. Finora vi sono stati trasferiti tre assessorati, una sala matrimoni ed è in previsione un ufficio di rappresentanza per il sindaco (ma non ne ha anche un altro a Villa Niscemi?), e in giro trovi sempre qualche impiegato che si lamenta di non avere una scrivania per sé… E si parlava di tre sole stanzette!

Nel frattempo a Villa Trabia si è fatto di tutto: un’esposizione di autocompattatori dell’AMIA, la sfilata di moda di una boutique cittadina, con passerella montata sulle radici affioranti dei ficus e giochi pirotecnici non autorizzati, un congresso per medici, concerti a pagamento, oltre ad una parte degli• spettacoli dell’estate palermitana ’95 che però (passo avanti rispetto all’anno passato) si sono svolti nella zona del parco considerata di minor interesse storico e botanico. Il nostro comitato è servito anche ad attirare l’interesse su parco e casena prima quasi sconosciuti, e adesso sembra che qualsiasi tipo di manifestazione riesca meglio a Villa Trabia, col risultato che tutti la chiedono anche per attività non del tutto pertinenti, anzi oserei dire che spesso viene sfruttata nel peggiore dei modi, mentre ci tocca sentire che tutto questo viene fatto per valorizzarla.

Il nostro comitato, invece, sembra essere preso in considerazione soltanto come tramite per inoltrare delle lamentele sui disservizi dell’amministrazione comunale. La gente non sa quanto poco siamo ascoltate!

È proprio qui il lato più amaro di questa vicenda: un’occasione mancata di dialogo fra l’amministrazione e i cittadini, anzi quella parte di cittadini che voleva farsi carico di qualcosa, che voleva collaborare, che voleva entrare in rapporto dialettico con gli amministratori. Certe volte abbiamo avuto la sensazione di sembrare delle scocciatrici, potrebbe anche darsi, tutto sommato non stava scritto da nessuna parte che sindaco ed assessori dovessero ascoltarci, perché in fondo il nostro progetto doveva essere il migliore? Ma allora perché dirci sempre sì per poi fare assolutamente il contrario? Ci viene anche il sospetto di non essere mai state ascoltate valutando quello che chiedevamo, ma soltanto soppesando la dimensione del consenso alle nostre spalle. È un vero peccato che ci sia stata questa incomunicabilità… Però è anche capitato che chiedendo una cosa e ricevendone un’altra, le cose comunque si siano fatte, magari non come le volevamo, come sarebbe stato giusto per una città normale, ma come è stato possibile in una città incredibilmente unica come la nostra. Volevamo il tempo prolungato nelle scuole e i campi scuola estivi, e invece abbiamo avuto il «Tempo d’inverno» e il «Tempo d’estate»: tentativi più o meno riusciti per tenere aperte più a lungo le scuole; e poi abbiamo avuto le manifestazioni delle estati palermitane, l’apertura di uno spazio incredibile e magico come quello del vecchio ospedale dello Spasimo, un Festino 1995 indimenticabile, e l’adozione dei monumenti da parte delle scuole (non senza il contributo di «Palermo Anno Uno» e di molti insegnanti) e tanti altri piccoli mattoncini per ricostruire questa città troppo a lungo offesa.

Al Festino del 1995 i palermitani hanno visto volare mongolfiere, galeoni e angeli (per i quali io confezionai ali e costumi) mentre i giochi pirotecnici andavano al ritmo dei Carmina Burana di Karl Orff .
Il programma del Festino del 1995

E allora penso ai ragazzini di strada che quest’anno il pomeriggio sono potuti tornare a scuola a manipolare la creta, a dipingere, a suonare e recitare… penso agli abituali frequentatori del festino, quelli che pun­tualmente ogni anno posizionano la sedia portata da casa sul lungomare della Marina, con in mano il «coppo di calle e semenze», per farsi attraversare il fisico dal rumore dirompente dei «bbùotti» (giochi pirotecnici): più che un sussulto catartico e liberatorio, il «bbùotto» ritma in una scansione violenta la sofferenza e l’ansia di riscatto, e come in un gioco virtuale rende protagonisti i palermitani di un’azione guerresca; come il «pum pum pum sei morto» dei bambini di strada, come la musica assordante e ritmata di alcune discoteche, come le danze dei tarantolati. Il «bbùotto» è quindi un viaggio onirico verso la violenza, temuta o anelata. Più è deflagrante, più il festino è ben riuscito e ha assolto la sua funzione riparatrice (il detto festa, farina e forca vige ancora).

Quest’anno per la prima volta i «bbùotti» sono stati più poetici, ritmati dalla musica dei «Carmina Burana» di Karl Orff, in una sincronia di luci colori e musica. Mi chiedevo cosa sarebbe rimasto nella memoria dei palermitani di quella musica tanto diversa dalle solite colonne sonore dei festini precedenti: scanditi dalla voce di Mario Merola che si propagava per raggi acustici illimitati da rudimentali organetti spinti a mano.

Per molti di loro Orff ha rappresentato l’unico approccio con una musica diversa e l’hanno ascoltata e col naso all’insù; quella sera hanno visto volare angeli, mongolfiere e galeoni. Stavano tutti a bocca aperta e mi chiedevo cosa pensassero… e cosa resterà nel ricordo del piccolo Giuseppe (splendido bambino di sei anni del rione Perez) di quelle bamboline di creta che modellava il pomeriggio a scuola, dopo aver ricevuto a casa la sua razione giornaliera di botte, dopo aver scippato la borsetta ad una turista… Crescerà diverso Giuseppe? Crescerà diversa questa città? Quanti mattoncini si dovranno ancora sovrapporre, e quanto lavoro andrà ancora disperso? Ma forse in questo vuoto tutto quello che è fatto, è comunque ben fatto…

Maria Adele Cipolla, dicembre 1995

Il libro fu presentato nella nuova sala matrimoni della casena Villa Trabia. Al tavolo dei relatori intervennero Giovanna Fiume, Giuseppe Barbera, Salvatore Savoia, Beatrice Monroy, Rosanna Pirajno e il nuovo assessore alla cultura Francesco Giambrone, che promise di portare a termine in tempi brevi il progetto della biblioteca. Moltissime furono le persone presenti e molti gli interventi. Come promesso, Mezzocielo inviò il libro a tutte le abbonate, alcune delle quali scrissero delle belle parole nella rubrica delle lettere (nella rassegna stampa quì sotto). Ebbi anche altre recensioni su alcuni quotidiani. Con la sua proverbiale dote di venditrice, Anna riuscì a piazzare moltissime copie agli avventori di Villa Trabia e alle mamme del Mario Rapisardi.

Recensioni su “Vivi Villa Trabia”

Io e Francesco Giambrone nel 2012, foto di Rosellina Garbo

Francesco Giambrone, che è stato un grande assessore, mantenne la sua promessa e la biblioteca fu inaugurata circa un anno dopo la presentazione del libro. Io dico sempre che quando non si riesce più a dialogare allora arriva il momento di scrivere, e in questo caso è stata la scrittura a riallacciare i rapporti fra noi e la pubblica amministrazione. Va anche detto che abbiamo incrociato nel nostro cammino una persona eccezionale, quale è Francesco Giambrone, che poi è diventato Sovrintendente del Teatro Massimo di Palermo, quando la giunta Orlando riuscì ad riaprire il teatro dopo 23 anni di oblio.

Insieme alla riqualificazione del centro storico, la riapertura del Teatro Massimo, la valorizzazione dello Spasimo, il riutilizzo dei Cantieri Culturali alla Zisa e la liberazione del Foro Italico… la riconquista del Parco e della casena di Villa Trabia segna una delle pietre miliari del secondo e terzo mandato da Sindaco di Leoluca Orlando.

Poi vennero gli anni bui dei due mandati di Diego Cammarata, di Forza Italia, in cui un odioso spoil system coinvolse tutte le conquiste appena fatte. Caddero nell’oblio luoghi e persone, fra cui Villa Trabia, che vide nuovamente parcheggiate le macchine dei dipendenti del comune e la biblioteca malfunzionante e spesso chiusa.

Abbiamo poi avuto altri due mandati da Sindaco di Leoluca Orlando, tutt’ora in carica dal 2012. E’ il miglior Sindaco che Palermo abbia mai avuto e io, nonostante fatiche e incomprensioni, sono sempre rimasta una sua sostenitrice, a volte un spina nel fianco ma sempre leale. Francesco Giambrone, dopo un intermezzo come Sovrintendente al maggio Musicale Fiorentino, è rientrato al Teatro Massimo facendolo ritornare in attivo, promuovendo attività decentrate e accogliendo bambini e studenti in programmi di divulgazione dell’Opera lirica.

La Biblioteca di Villa Trabia, sala multimediale.

Con i vari assessori alla Cultura che si sono susseguiti dal 2012, Villa Trabia ha ripreso a funzionare con una biblioteca pubblica a scaffalatura aperta per adulti e per bambini, una videoteca ed un internet point gratuito con sette postazioni. Contiene circa 20.000 libri di genere umanistico e scientifico, 17 quotidiani italiani e stranieri, circa 2.000 CD musicali e circa 2.000 videocassette anche in lingua originale.

La Biblioteca di Villa Trabia ai giorni nostri

Studiare e leggere in un ambiente confortevole, con la finestra aperta sul parco, è quello che avevamo desiderato, la sola nostra ambizione, e nel loro periodo universitario la biblioteca è stata frequentata anche dai nostri figli. Sognare non costa nulla, ma a volte può darti tanto.

Maria Adele Cipolla, dicembre 2019

Libri che parlano di noi

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