A Villalba vive un certo Don Calò Vizzini che è il capomafia di tutta la Sicilia. Per suo tramite tutto il paese sapeva il giorno esatto in cui dovevano arrivare gli americani, infatti quel giorno ci vediamo arrivare ‘sti carri armati e scende un soldato con un foglio in mano, si mette a leggere con l’accento che hanno i figli degli emigrati, dice: Don Calò Vizzini e nel mentre Don Calò arriva con un fazzoletto... hai capito? Erano già appattati.
-
-
Elda cap 24, I fratelli Santelia
-
Elda cap 23, La villa di Bagheria
Igea stava allattando il bimbo su di una poltrona Luigi XVI, dorata e con una preziosa tappezzeria di raso a disegni floreali leggermente sfilacciata, mentre uno dei gatti stava accovacciato sulla sua spalla, Vittorio era seduto accanto a lei su di un pouf a leggere ad alta voce dei versi, mentre Ottavia stava appollaiata sul vano della finestra a disegnare.
-
Elda cap 22, Gli americani
Fu davvero un’ubriacatura: giorni di festa in cui le jeep si susseguivano sempre più numerose, circondate da bimbi laceri e ragazze imbellettate. I soldati americani si mischiavano alla folla, alti e muscolosi, freschi nelle divise estive, con solide scarpe scricchiolanti, offrivano dolciumi, sigarette, cioccolata, polvere d'uovo e di latte, strane conserve, pane bianco e scatolette di carne: spam, meat and vegetables, chili con carne.
-
Elda cap. 21, Lo sbarco
...i soldati italiani e tedeschi erano fuggiti lasciando incustodito a Bagheria un magazzino per l’ammasso del grano. La folla era impazzita, arrivando da tutti i paesi vicini, persino i pescatori di Porticello giungevano con le barche alla tonnara di Solanto. Per tutta la mattina si vide gente che andava e poi tornava con il grano nei sacchetti, nei grembiali, nelle tovaglie, mentre Don Ciccio, quel tipo losco che camminava col fucile in spalla a vendere a caro l’acqua dei pozzi, uscì in piazza con le mani in fianco rimproverando la gente: “Chi iè sta cunfusioni? N’ama a fari accanusciri, amà fari truvari tuttu lordo? C’anna diri i ’miricani?
-
Elda cap 20, Tutti vivi?
Questo capitolo è letto da Eugenio Sorrentino Avevano già oltrepassato la stazione di Termini Imerese, anche lì c’era stato il trambusto alla porta del vagone: una massa che voleva salire e pochi che invece volevano …
-
Elda cap. 19, In treno
Da frasi mozze che rimbalzavano dal vagone limitrofo Elda riuscì ad avere una testimonianza diretta del terrificante bombardamento del 9 Maggio. “…ero alla marina di Aspra a cercare del pesce, quando ho visto quasi trecento aerei che volavano verso la città…” diceva la voce di una donna. “…erano neri, non si contavano più…” questa sembrava la voce di un ragazzo. “…una colonna alta e rossa si è levata sulla città, una nebbia enorme!” questa era la stessa donna e dalla voce distinta le ricordava sua madre. “…le bombe sembravano chicchi di grandine, continuavano fitte senza smettere…” era di nuovo il ragazzo. “E la nebbia bianca che saliva sembrava il vapore dell’incenso.” continuava la signora. “Iera rrussa![2]“ questo proveniva da un colloquio parallelo fra due contadini. “…copriva perfino i monti attorno alla città.” precisava la signora. A questo punto un giovane in piedi accanto a lei le rivolse direttamente la parola per inserire il suo commento: “La città è finita! Dicono che il porto sia stato completamente distrutto e anche la stazione, dicono che sono crollate più di mille case e che neanche si sa quanti sono i morti. D’altro canto chi le deve dissotterrare? L’esercito sta fuggendo e non ci sono forze sufficienti. Con questo caldo c’è anche il rischio che arrivi qualche epidemia. Per giorni e giorni siamo rimasti con la linea ferroviaria interrotta in più punti, anche quella telefonica.”
-
Elda cap. 18, Nostalgia di casa
Quei tipi loschi, che i nobili di tanto in tanto ospitavano nelle proprie foresterie, adesso giravano per i paesi dando istruzioni alla popolazione; consigliavano ai giovani in procinto di partire per il fronte di nascondersi in campagna per qualche tempo, ai militari in licenza di disertare, ai gerarchi fascisti di indossare abiti civili e non farsi vedere in giro: le truppe angloamericane erano già sbarcate a Pantelleria e la piccola isoletta siciliana si era arresa l’undici di giugno, a questo punto si attendeva lo sbarco in Sicilia. “Signorina, parta adesso, tutti dicono che gli americani stanno arrivando, non si sa cosa potrà succedere dopo”
-
Elda cap. 17, Nei feudi
L’automobile portò le due donne in tre feudi, ognuno dei quali aveva un nome e nel quale la famiglia possedeva una casina arredata con bei mobili ottocenteschi, sempre tenuta pulita e pronta a ospitare qualcuno dei proprietari che si fosse voluto fermare lì per la notte. In realtà quelle case aspettavano trepidanti ospiti che non vi albergavano mai, mentre sembrava che non ci fosse posto per i lavoratori della terra, che infatti dormivano nelle stalle. Questa miseria era lo specchio della ricchezza dei salotti di paese e città e Elda poteva solo stare zitta
-
Elda cap. 16, Oltre il salotto
La Principessa raccontava soltanto quello che gradiva, evitando di addentrarsi troppo in profondità nel proprio privato, i codici di quel rapporto si stabilirono utilizzando ancora una volta il potere intuitivo che avevano trovato nel pomeriggio dell’incidente. Elda capiva perspicacemente i confini di una confidenza che si caricava di sentimenti silenziosi giorno dopo giorno e, come per un processo naturale, il salottino si animò di un rapporto a due che escludeva le altre donne.