Elda cap. 17, Nei feudi

questo capitolo è letto da Edoardo Mattina

La Principessa, che a onta delle requisizioni di automezzi e benzina aveva conservato un’automobile con chauffeur e permesso di circolazione, condusse Elda in alcune visite ai poderi più vicini, dando modo alla ragazza di comprendere cos’era un feudo e quale era il principio economico che lo governava. In quel soggiorno Elda si era infatti chiesta chi fossero quegli individui armati che avevano libero acceso ai magazzini e alle cucine del Palazzo. Augusto le aveva detto di volta in volta che si trattava di un campiere, di un soprastante o di un gabellotto[1], insomma qualcuno che si occupava dei feudi per loro conto. Poi un’altra volta aveva sentito il nonno di Augusto rimpiangere un soprastante morto da alcuni anni, un certo don Melo:

“Solo lui sapeva tenere la schiena curva ai contadini!”

“Si ma ti rubava.” gli aveva risposto il figlio.

“E che m’importava a me! Con lui guadagnavo più che con quell’onesta animella di Don Ciccio, il suo successore. Mi contenterei di farmi rubare ancora da don Melo, pur di avere le terre di quel feudo in ordine come ai vecchi tempi!”

Insomma Elda aveva intuito che in assenza del padrone questi tipi loschi avevano potere assoluto, perciò quando sentiva dire di uno di loro si sa fare rispettare istintivamente i suoi occhi si posavano sull’arma che colui teneva in spalla.

L’automobile portò le due donne in tre feudi, ognuno dei quali aveva un nome e nel quale la famiglia possedeva una casina arredata con bei mobili ottocenteschi, sempre tenuta pulita e pronta a ospitare qualcuno dei proprietari che si fosse voluto fermare lì per la notte. In realtà quelle case aspettavano trepidanti ospiti che non vi albergavano mai, mentre sembrava che non ci fosse posto per i lavoratori della terra, che infatti dormivano nelle stalle. La Principessa si divertì a giungere inaspettatamente, farsi aprire le stanze e consumare con Elda un frugale pasto di verdura di montagna e formaggio, mentre i famigli si affaccendavano attorno a loro. Una volta si andò alla stalla a visitare un vitellino appena nato e Elda rimase senza parole accorgendosi che in un pagliericcio non lontano da quello delle bestie c’era il giaciglio di un bambino con la testa enorme, il moccio nel naso e gli occhi cisposi tormentati dagli stessi insetti che frequentavano gli escrementi delle vacche:

“U picciriddu nasciu cu mali.[2]disse una vecchia che vi era accovacciata accanto.

Si visitavano gli orti dove chini sui campi c’erano anche bimbi e anziani e Elda si ricordò della frase udita da Crocetta nella cucina dei Baroni:

“Quann’iera picciridda trabagghiava mienza a terra ri scuro a scuro[3].”

Questa miseria era lo specchio della ricchezza di quei salotti di paese o di città e la ragazza poteva solo stare zitta, sebbene guardando le schiene storte e deformi dei contadini, non riusciva a togliersi di mente la frase su Don Melo …solo lui sapeva tenere la schiena curva ai contadini…

In una di queste passeggiate un vecchio invalido si avvicinò alla Principessa, appena scesa dall’automobile, con un’insolita questua:

“Du fogghiu ca mi raste l’avutra vota già u finivu, mu rate n’avutru?[4]

Elda a fatica fu in grado di tradurre, si riferiva a una pagina di istruzioni che aveva accompagnato una macchina da cucire, ritirata dai magazzini Printemps di Parigi. Questo vecchio aveva non si sa come imparato a leggere ed era ansioso di variare il proprio repertorio. La Principessa estrasse dalla sua borsa le prescrizioni di un farmaco contro l’emicrania e glielo consegnò, lasciandolo a sillabare per un altro anno.

…tratto dal romanzo Elda, vite di magnifici perdenti , di Maria Adele Cipolla

I capitoli illustrati verranno caricati ogni quattro giorni nella categoria Capitoli #progettoelda

Nella pagina Audiolibro #progettoelda si potranno ascoltare le letture di tutti i capitoli.


[1] Mentre i soprastanti erano degli amministratori dei feudi, i campieri o gabellotti erano coloro che riscuotevano le gabelle, cioè che subaffittavano i feudi incassando per i feudatari le fittanze.

[2] Il bambino è nato con una malattia

[3] Quand’ero bambina lavoravo sulla terra dall’alba al tramonto

[4] Quel foglio che mi avete dato l’altra volta ho già finito di leggerlo, me ne date un altro?

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