Oggi il Senato americano ha approvato la riforma sanitaria, non è ancora la fine di una lunga battaglia e non è neanche la migliore riforma che si poteva varare, ma è comunque un clamoroso goal reso finora impossibile ad ogni Presidente Democratico. Questa è l’America che mi piace, con i suoi anticorpi che le permettono di rimettersi in discussione. E’ comunque la patria dell’autoreferenzialità e non so se mai riuscirà ad affrancarsi dallo strano meccanismo di rinnovo della sua classe dirigente, quello con cui la mia famiglia si appresta a fare i conti da ora in avanti. La nostra piccola Franca ha deciso di fare l’Università in America, è nata in Italia ma il suo papà, Jesse, è americano e per questo lei ha la doppia cittadinanza. In Italia è una studentessa modello, è intelligente e atletica, è una fucina di attività, insomma ha tutte le carte in regola. Abbiamo iniziato i nostri progetti per gioco, a crederci passo dopo passo e ora che siamo quì per le vacanze di Natale lei, Jesse e Vitti sono andati a Philadelphia a visitare due college, uno di prima (Penn) e uno di seconda scelta. A quel punto anche Jesse ha cominciato a crederci: fino ad allora non era stato eccessivamente partecipe al nostro fantasticare, come se ogni passo fosse per lui un già visto, già fatto e già sentito, adesso cominciamo a capire il perché. Lui è andato via dall’America subito dopo il college, sottraendosi alle ore di traffico giornaliero per raggiungere il posto di lavoro e ad una vita pianificata dalla laurea alla pensione, che aveva come punto cardine la programmazione dell’Università della prole fin dal momento della nascita. Non dico che la parte finanziaria non sia per noi un problema ma è stato risolto, anche grazie al contributo che i miei suoceri destinano per questo scopo ad ogni nipote, il vero problema è il nostro candore nell’affrontare il problema. In America non esiste l’aristocrazia ma esistono i College, che sono il principale argomento di conversazione della Upper Class : “come mai il figlio di tizio non è andato a Yale come lui?” “Perché tutta la famiglia della madre veniva di Princeton”… Da quando quì in America abbiamo iniziato a parlare del College di Franca abbiamo capito di stare per infrangere un tabù. Perché oltre ai 50 mila dollari di retta annuale di ogni College, il sistema prevede che di preferenza vengano accettati nelle top University gli studenti che provengono dalle “prep” o “preparation school” (45.000 dollari l’anno) alle quali si accede da altrettante scuole private con costi simili per ogni fascia di apprendimento. La nostra nipotina Katy ha dovuto sostenere un’esame di ammissione alla scuola materna per il quale i miei cognati erano molto preoccupati, quando ho chiesto loro cosa sarebbe successo se non avesse passato l’esame mi hanno risposto che l’avrebbero tenuta a casa per un altro anno preparandola meglio, per fortuna ce l’ha fatta e da quel momento i miei cognati hanno iniziato a pagare una media di 50.000 dollari l’anno. Ora la nostra ambizione di far accedere Franca a questo sistema senza aver pagato i 600.000 dollari delle precedenti scuole private genera sgomento, aumentato dal fatto che la preparazione di Franca è ineccepibile. I miei suoceri sono rimasti sconvolti leggendo l’elenco delle materie che lei sta studiando al Liceo Classico Statale Umberto Primo di Palermo, e stessa cosa è successa ad una sorta di “college talent scout” contattata da mia suocera, ma ciò non ha impedito a quest’ultima di suggerire a Franca di frequentare almeno l’ultimo anno in una prep school femminile, la stessa frequentata un tempo dalle mie cognate. In sostanza Franca dovrebbe ripetere un anno di scuola e, considerato che quì il liceo dura 4 anni, ritrovarsi all’Università con compagni più piccoli di lei di due anni, non se ne parla nemmeno. Ma è impossibile accedere a queste Università senza le prep schools? Franca non è nera, ha risposto mia suocera, in effetti non lo è proprio. Mia cognata Sidney e suo marito, che insegnano alla prestigiosa Università di Purdue hanno infine trovato la soluzione: Franca può portare con se l’esperienza di una Americana nata e cresciuta in Sicilia, insomma un diario di frontiera con un po di “local colour” misto di Mafia e sole, bisogna quindi impostare l’essay di presentazione su questo suo interessante background e diventerà una studentessa appetibile. A questo punto Jesse ed io siamo andati da “Barnes & Noble” a cercarle dei libri di preparazione, perché oltre al Toefl (certificazione della lingua inglese) dovrà sostenere il SAT (Scholar aptitude test), una sorta di esame di maturità, gestito da un ente esterno al sistema scolastico e universalmente riconosciuto. Non c’era una sola tipologia di manuale per la preparazione a questo esame ma una serie di tomi (uno per ognuno degli argomenti di esame, almeno 4) che andavano dalle 500 alle 1000 pagine. Il settore preparazione al college constava quindi di due scaffali di manuali per il toefel, dalle 500 alle 1000 pagine anch’essi, tre scaffali per la preparazione al SAT e altri due con manuali su come preparare l’essay di ammissione. Non uno di questi volumi riguardava il contenuto delle materie d’esame, quanto piuttosto la metodologia su come affrontare i test. Poi per alleggerire l’atmosfera c’erano una serie di titoli del tipo: “fai che il college ti desideri”, “renditi interessante allo scrutatore”, “come vivere i tre ultimi anni di liceo in funzione del college”, “manuale per genitori e studenti su come riempire le domande di ammissione” “cosa scrivere nella lettera di presentazione” “preparasi al programma finanziario del college senza drammi”. Valentina studia in un College Inglese, ricordo che la sua iscrizione è stata accompagnata dall’emozione di entrare nel meccanismo di un sistema nuovo e stimolante (e molto più sostenibile dal punto di vista finanziario), ma non la sensazione di consegnare la figlia ad un sistema che non è il tuo. Franca poi non è tecnicamente mia figlia e il timore è doppio. Mentre guardavo quei titoli stavo appoggiata ad una colonna di volumi che partiva da terra e arrivava al mio gomito, quando una ragazza di origine asiatica mi ha avvertita che quelli erano i libri che stava comprando, “anche tu ti prepari per il college?” le ho chiesto “si, fra tre anni”. Alla fine abbiamo comprato un manuale per il toefel e uno per l’essay e li abbiamo messi fra i pacchetti natalizi. Continuiamo a dire a Franca che ha tutto il diritto di tentare senza farsi prendere dall’ansia di riuscire, che in qualsiasi momento potrà mollare senza sentirsi fallita, ma la verità è che stiamo per essere contagiati della seduzione dei vialetti alberati, degli edifici storici, dei riti accademici, delle biblioteche da sballo, dei docenti premi Nobel, di un sistema che potrebbe portarti ad essere fra primi, se riuscirai a non prenderti troppo sul serio.

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