Gita al faro, a Capo Zafferano

Come ogni anno Zisa e nonna, ad apertura della villeggiatura, si avviano in quella stradina stretta e tortuosa, accompagnate dai tanti gabbiani che sfrecciano vicini, prendono il largo nel golfo, laciano lamenti che sembrano quelli dei neonati e infine tornano a sostare vicini, sul muretto imbiancato dalle loro deiezioni, a sottolineare che quello è ormai il loro regno.

– Attenta Zisa cara, dammi la mano, in alcuni punti il parapetto è rotto e potresti cadere –

– Nonna ormai l’hanno riparato! –

Ma la nonna lancia le sue raccomandazioni ripetendo meccanicamente le parole del suo papà, 60 anni addietro, che li faceva camminare per la stradina tenendoli strettamente per mano.

Nonna e Zisa sono andate come ogni anno a fare “la passeggiata al Faro”, il “loro Faro”, che è il Faro di Capo Zafferano, a due passi dalla casa di villeggiatura di famiglia. Ogni anno la passeggiata è piacevole, si sentono gli odori delle erbe selvatiche: aglio, menta, cipollina e rosmarino, e con un pò di fortuna si possono anche incrociare le orchidee tipiche della zona. Ma quando Zisa e nonna si avvicinano al cancello del faro quest’ultima inizia ad intristirsi.

– Ogni anno è sempre peggio, guarda che rovina, che disastro! –

La visione del faro che si erge su di loro è sempre da mozzare il fiato ma, ancora una volta, nonna è ferma davanti al cancello guardando sconsolata i nuovi graffiti. Di arte neanche a parlarne: o sono scritte oscene che Zisa e nonna fanno finta di non capire, o sono promesse d’amore condivise sguaiatamente al mondo intero.

D’altro canto il Faro è ormai abbandonato da quasi quarant’anni, da quando cioè non c’è stato più bisogno di farvi abitare i guardiani con le loro famiglie. Negli anni settanta infatti è stato inventato un sistema per comandare l’accensione dei fari a distanza.

Questa volta però nonna vuole fare un esperimento iniziando a guardare ogni cosa con gli occhi del ricordo, cominciando proprio dal cancello. Ecco allora una famigliola degli anni cinquanta, composta da mamma, papà e due bimbetti, che sarebbero nonna e suo fratello…

…da pochi anni hanno una casetta vicina al Faro e per la verità sono gli unici vicini di casa dei guardiani e delle loro famiglie. Si, perché i guardiani sono due fratelli che si danno il cambio ogni sei mesi, trasferendosi lì con le loro famiglie. La famigliola è arrivata a piedi come adesso nonna e Zisa, ed ecco il guardiano che viene ad aprire il cancello e da loro il benvenuto, mentre sullo sfondo si vedono delle donne intente a ricamare. La visita ai guardiani è una festa per tutti, una botta di vita in una vita di isolamento…

Dal cancello si entra in un enorme cortile, che alla nonna da bambina appariva immenso. In fondo c’era un pozzo di cui ancora si vedono alcune pietre di tufo, diroccate come il parapetto e l’intero caseggiato. Per non parlare degli infissi divelti e di quelle stupide scritte sui muri, che per nonna sono l’estremo insulto su tutto il disastro!

Nonna però chiude gli occhi e vede il cortile com’era negli anni cinquanta, e inizia a raccontarlo a Zisa, che in questo modo riesce a mettere a fuoco le immagini, come se si trattasse di ricordi propri.

Si vede la nonna bambina che gioca felice a saltacorda con le figlie dei guardiani.

Si vede il bellissimo pozzo che si staglia sullo sfondo, si vede il parapetto integro e sicuro, si vedono gli edifici  ben intonacati, e le porte e le finestre, i tetti e le grondaie; perfino i vasi di terracotta col basilico, i gerani, i nastrini e le succulente. 

– Nonna raccontami ancora… come vivevano qui quei bambini? Andavano a scuola? Come raggiungevano i paesi vicini? Anche allora la strada era così stretta? – 

– La strada fu creata quando ci si spostava in carretto, si tratta di una stradina che in alcuni punti è a strapiombo sul mare, quindi si scavò giusto quello che serviva per far passare un carretto, non serviva neanche la larghezza di un doppio senso di marcia, tanto a passarci erano solo i guardiani. Ogni sei mesi caricavano tutte le masserizie nel carretto e andavano a dare il cambio ai parenti. Suppongo che usavano il carretto anche per andare ogni tanto in paese a fare rifornimento. –

– Ma i bambini non andavano a scuola? –

 – Credo che iniziarono ad andarci quando i guardiani furono provvisti di un’automobile… o forse anche prima perché qualcuno andava a prenderli… questo non lo so. So di sicuro che i bimbi che ho conosciuto io negli anni cinquanta andavano ogni giorno a scuola a Bagheria.-

A destra del cortile c’è una stanza stupefacente, si tratta dell’ultimo piano della torretta di avvistamento, utilizzata dalla Marina Militare nelle due guerre mondiali. Finestre su tre lati che guardano il mare! Niente di più bello e rilassante! Non c’è lettura di racconti di mare che nonna non abbia ambientato in quella stanza. Anche Zisa considera quella stanza nella torre, il set ideale per film di marinai e pirati!

Nonna non ricorda di essere entrata in questa stanza quand’era bambina, così interviene l’immaginazione: doveva esserci un cannocchiale e diversi binocoli, lampade ad olio, registri di mare, accessori e strumenti per la manutenzione della lanterna del faro… e corde per salvare pescatori in difficoltà e un camice appeso alla parete. E certo in una stanza pulita e in ordine, quelle finestre che guardano il mare da ogni lato dovevano essere uno spettacolo!

Nonna il faro invece è tutto bianco e dipinto di recente. Si può entrare dentro? Tu ci sei mai stata?

– Il faro è ancora in funzione ed è un presidio militare, quindi possono entrarci solo gli addetti al lavoro. Verranno ogni tanto per la manutenzione perché non serve che qualcuno lo accenda ogni sera. Ai miei tempi la grande lanterna con i vetri rifrangenti traeva energia da un sistema chimico a carboni di acetilenee; perché in questa zona non c’era la luce elettrica, neanche noi l’avevamo in casa. Il mio papà una volta salì dentro il faro con il guardiano e assistette alla cerimonia di accensione della lanterna ad acetilene. Mi ha raccontato che c’era una scala circolare, saranno tre piani, e poi arrivati in cima c’era  questa enorme lanterna e tutti gli strumenti di ottone per l’accenzione, che il guardiano trattava come fosse argenteria di lusso, lucidandoli in continuazione. Il faro ha funzionato ad acetilene fino al 1970, poi è stato dotato di impianto elettrico. Nel 1980, cento anni dopo la sua costruzione, con il trasferimento del suo ultimo guardiano, ultimo di due generazioni di guardiani, il faro è stato abbandonato, funzionando adesso soltanto come segnalatore con batterie e sistema di accensione crepuscolare. – 

Dalla parte opposta la torre di avvistamento ci sono i resti di quelli che erano gli edifici adibiti ad abitazione.

– Ecco quello che resta della cucina, si vedono ancora le piastrelle bianche alle pareti! Qui i vandali si sono davvero divertiti a imbrattare! –

E nonna continua: – Io questa cucina me la ricordo benissimo, è uno dei ricordi più nitidi che ho! – La nonna chiude gli occhi e prova a lavorare di ricordi e immaginazione e le piastrelle bianche prendono vita, ecco la cucina a legna in muratura, la prima che lei avesse mai visto, con il fuoco sempre acceso. E poi continua a ricordare: il lavabo in cemento, la credenza anni 50, le pentole di alluminio appese sopra il focolare, la piattaia in legno.

Ma la nonna ricorda anche gli odori e i sapori. Ad esempio i savoiardi appena sfornati preparati con le uova di giornata delle galline ruspanti, e poi il pane impastato con il lievito madre, i fichi appena raccolti, e le donne che si affaccendavano in cucina per offrire cose buone. Ricorda anche il Petromax appeso al soffitto per far luce la sera.

– Nonna che cos’è il Petromax?

– Il Petromax è probabilmente la lampada da campeggio più conosciuta al mondo, resistente alle intemperie e indistruttibile. Per più di 100 anni, questa lampada è stata utilizzata in guerra e nei salvataggi i pescatori, la utilizzavano per per la pesca notturna. Si può ancora comprare on-line, ha uno strano funzionamento a compressione che rende incandescente una specie di calzino imbevuto di kerosene e paraffina e che garantisce 400 watt; ne avevamo una anche noi in casa, perché appunto in questa zona non c’era la luce elettrica. –

 – Comunque quello che ricordo era la mia ammirazione per questa comunità autosufficiente. Quasi tutto il cibo veniva prodotto sul posto. Questa è la filosofia dei Fari, perché in genere i fari stanno in posti isolati con difficoltà di rifornimento. Quindi questo faro seguiva la stessa regola anche se non era poi tanto isolato dalla civiltà.

C’era l’orto, e c’erano le galline ruspanti che davano uova fresche ogni giorno e si panificava ogni settimana nel forno a legna. I pescatori portavano pesce fresco ogni giorno nell’approdo a mare, quello dove le famiglie dei guardiani usavano fare i bagni. Il pozzo nel cortile raccoglieva l’acqua piovana, ma quando c’era siccità e il pozzo si svuotava… allora arrivava una nave della Marina Militare a rifornirlo. La nave ancorava al largo e si collegava al pozzo da un lungo tubo volante. E questa operazione durava tutto il giorno.-

– Ma non si poteva portare l’acqua con la stessa conduttura che la portava a voi?-

– Assolutamente no! Vedi, il faro era un presidio della Marina Militare, in caso di guerra non si poteva correre il rischio che i nemici impedissero gli approvvigionamenti, così ci voleva una nave da rifornimento. –

La nave di rifornimento idrico della Marina Militare

– Nonna ma adesso che ne sarà del faro? Mamma e papà dicono che è stato dato in concessione per farne un ristorante… non si potrebbero invece portare di nuovo i guardiani a vivere quì? –

 – E riportare la tecnologia indietro di 50 anni? Con la lanterna ad acetilene, la nave della Marina Militare e magari una guerra a giustificare la torre di avvistamento? No, il tempo non può andare indietro e il progresso è un bene, almeno quasi sempre. Io avrei preferito che ci facessero un museo del mare, ma i musei purtroppo costano e non portano danaro, un ristorante si. Sempre meglio di questo scempio. –

Così Nonna e Zisa ripercorrono indietro la stradina del Faro, immaginando il cortile pieno di tavoli eleganti, un’insegna sul muro, un buffet pieno di cose buone e un vecchio cameriere in guanti bianchi che dà loro il benvenuto.

testi e illustrazioni di Maria Adele Cipolla

Il Faro di Capo Zafferano

Intorno al 1880, sul versante NE del capo zafferano, a 34 m s.l.m., viene costruito un faro, a cui si arriva attraverso una stradella comunale asfaltata di circa 2,20 m. di larghezza che consente il passaggio di un solo veicolo alla volta, una stradina tortuosa e strettissima che segue l’andamento del costone roccioso e che scavalca una piccola gola con un ponticello in mattoni.

Oggi annotato al Libro dei Fari della Marina Militare Italiana al n.3244 con la sigla di riconoscimento E2023 (38°06’7’’ N – 13°32’3’’ E), il faro di Capo Zafferano è stato presidio militare durante le due ultime guerre mondiali; per questo motivo è stato dotato di una serie di caseggiati e di una torretta di avvistamento. Ha attinto energia da un sistema chimico a carboni di acetilene fino al 1970 quando è stato dotato di impianto elettrico. Nel 1980, cento anni dopo la sua costruzione, con il trasferimento del suo ultimo guardiano, ultimo di due generazioni di guardiani, il faro è stato abbandonato, funzionando adesso soltanto come segnalatore con batterie e sistema di accensione crepuscolare. Il faro di Capo zafferano è un sito importante per la navigazione lungo questo tratto di costa. Uno specchio di mare che, da Capo zafferano a Solanto, a Termini, è stato teatro di eventi storici e testimone di rinomate città.

L’odierna Solanto, come molti sanno, fu il porto della punica Selaim, tra le tre più importanti colonie puniche della Sicilia occidentale insieme a Mozia e Palermo; fu il porto della Solunto ellenistica-romana; fu il sito di fornaci per la produzione di terracotte nel sovrastante piano di San Cristoforo.

Capo Zafferano fu sulla rotta dei commerci tra Palermo e Himera, tra Palermo e le foci dei fiumi (ilS.Giovanni, il S.Michele, il Cefalà) che dalle montagne di Misilmeri e Marineo portavano a valle acqua e legname. Si doppiava il Capo per raggiungere Solanto che fu sede di una torre arabo-normanna, divenuta in seguito castello. Fu una delle più rinomate tonnare del Medioevo siciliano e al contempo caricatoio di frumento.

da: La terra di guttuso

Rispondi

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.