di Maria Adele Cipolla
Palermo, domenica, 29 Giugno
Il faldone pieno di documenti è pronto sul tavolo dell’ingresso, vi ho posato sopra gli occhiali da sole e le chiavi della bicicletta, faccio sempre così quando non devo dimenticare una commissione importante. Come se stavolta potesse mai sfuggirmi dalla mente l’andare in Provveditorato a consegnare gli ultimi documenti per la pensione. Spero anzi di non starci a pensare tutta la notte. Finora ho condotto questi preparativi convincendomi di non volere altro. Non ho neanche grossi rimpianti per i miei allievi, per la verità neanche una foto ricordo di una delle tante classi.
Potrò smettere di guardare con invidia Valeria e Maria Grazia, pre-pensionate della Regione Siciliana, libere già da dieci anni. Eppure dentro quel faldone ci sono trentacinque anni di servizio, iniziati in una scuola media di Collesano e terminati in un Istituto Alberghiero di Palermo; una carriera, delle aspettative, alcune disillusioni, tanta stanchezza, capelli bianchi, un rapporto con il prossimo sempre più difficile. Quando arrivai all’Istituto Alberghiero pensavo che per i miei allievi l’inglese fosse una materia fondamentale. Poi però ho capito che la loro principale ambizione non era quella di diventare direttore di Hotel quanto “barman acrobatico”, spendevano le loro giornate in Istituto preparando cocktail e poi ubriacandosi con questi, mentre i miei colleghi acconsentivano, terrorizzati dallo spauracchio della dispersione scolastica.
Adesso potrò seguire le mie amiche nelle loro attività rilassanti: palestre mattutine, corsi di ricamo e di cucina, tè pomeridiani; mostre, concerti, conferenze del Goethe Institute. Ma non devo lasciarmi andare, ho concluso l’ultimo anno scolastico della mia vita, sono una retired teacher, ma ho ancora tanti anni davanti a me.
Ora sono finalmente libera, non per la cucina ed il ricamo ma per organizzare le mie giornate in autonomia, al ritmo delle mie passioni; voglio tradurre, ho già due romanzi e a settembre ne arriverà un altro, poi andrò spesso in Inghilterra e finalmente avrò il tempo di frequentare il turno pomeridiano degli Amici della Musica.
Cosa più importante: cerchiamo di mantenerci in buona salute.
colazione: 4 mandorle, 1 coppetta di muesli e yogurt, 4 nespole
pranzo: insalata di radicchio, lattuga e germogli di soia, 70 gr. di formaggio caprino, due gallette di farro
merenda: 3 nespole e due gherigli di noce
cena: melanzane alla griglia, una fetta di pane tostato e un hamburgher di soia
2 cicli di addominali
mezz’ora di footing a villa Trabia
lunedì, 30 Giugno
Mattina: Consegnati i documenti in Provveditorato.
Pomeriggio: Battesimo del piccolo Emiliano.
La famiglia di mio fratello è improvvisamente impazzita: la piccola Camilla resta incinta prima di aver terminato gli studi? Che bella notizia! Non si sa chi sia il padre? E chi se ne frega! Lo battezziamo anche se siamo tutti atei? Certo! Una bella occasione per far festa e per versare qualche lacrima di commozione! Non li riconosco più, hanno perfino fatto confezionare le bomboniere! Poi un leggero rinfresco. Certo ai miei tempi mi avrebbero buttata fuori di casa, ma adesso, non so… almeno un “potevi stare più attenta!” a me sarebbe scappato. Comunque, bel pomeriggio con loro, è tutta la famiglia che ho.
Ho colto l’occasione per chiedere ancora ai miei nipoti come funziona il nuovo account e-mail nel quale mi hanno trasferito un mese fa, perché ho il sospetto che mi arrivi meno posta di prima. Continuano ad assicurarmi che non posso perdere neanche una mail perché hanno deviato quelle di libero su gmail, ma ho paura per gli estratti conto della banca, le comunicazioni degli Amici della Musica e dell’International House, insomma non dovevo fidarmi. Avevano insistito loro dicendo che libero non funziona più, così sono i miei nipoti, sanno tutto loro, smanettano e ti presentano le cose facili mentre era sicuramente meglio restare alle mie abitudini.
Mangiato in modo tanto incontrollato che è meglio non parlarne, ma non potevo fare altrimenti.
Tradotto poco, ma era una giornata speciale.
Tre cicli di addominali alla sera.
martedì, 1 Luglio
Mancano meno di due settimane alla partenza e devo ancora fare un’infinità di cose. Fino a che si lavora sembra che non ci sia altro al di fuori di quello e adesso saltano fuori tremila incombenze: a parte i documenti della pensione che già li ho consegnati tutti, c’è la lavanderia, le bollette, le ferie di Daniel, il condominio, che giusto ora si accorgono che c’è una perdita d’acqua al terzo piano. Maria Grazia che mi propone i saldi e non sarebbe male comprare un costume nuovo, sempre che non sia di quelli che lascia il sedere di fuori, poi stamattina ci mancava quello strano incontro con un cane. Stavo mangiando Muesli e yogurt in cucina quando in lontananza ho visto un’ombra scura, era in corridoio, lì per lì non ci ho fatto caso, poi ci ho ripensato e sono andata a guardare: un grosso cane pezzato stava accovacciato sul pavimento mangiando qualcosa. Ho lanciato un urlo ed è accorso Daniel, oggi è la giornata di Daniel.
«Che succede signora!»
«Che ci fa questo qui?»
Daniel s’è messo a ridere:
«Non so signora.»
«Deve essere entrato con te, ieri sera non c’era.»
«Non so signora.»
«Come non sai? Non ti sei accorto che entrava?»
«Con me non c’era forse entrato quando arrivato posta.»
«Ma come fa ad entrare un cane senza che nessuno se ne accorge? Su, aiutami a cacciarlo via!»
Una fatica! Abbiamo aperto la porta e quello è rimasto incollato al pavimento con quella schifezza da rosicchiare.
«Dai Daniel, buttagli via la schifezza!»
«Signora se prendo schifezza cane morde me.»
Il cane non pareva tipo da mordere, s’era messo a pancia all’aria e sembrava pure sorridere.
Gli abbiamo buttato via la schifezza, forse un cornetto rubato al bar, e quello manco s’è seccato, né ha mostrato di volerlo ancora, era diventato di piombo, abbiamo iniziato a spingerlo verso la porta, c’è voluta tutta la forza di due persone per sostituirlo allo zerbino della porta di casa sul pianerottolo, ed è restato là, tutto il giorno. C’era quando sono andata a fare la spesa, così mi sono lamentata col portiere:
«Possibile che entra un cane nel palazzo e lei neanche se ne accorge?»
«Non è che posso stare sempre a guardare.»
«Forse dovrebbe.»
«Biii…»
Di sera ho guardato un film stupido in TV e poi mi sono collegata ad internet per vedere il sito di Repubblica, che da quando abbiamo perso le ultime elezioni non voglio più comprare un giornale, Berlusconi chiede l’immunità e la UE bacchetta l’Italia, ma perché mi rovino il fegato a leggere? A Palermo invece le cliniche private insorgono contro i controlli del nuovo assessore, francamente non ho alcuna propensione a sposare la loro causa. Ho controllato la posta col nuovo sistema, dove non ci capisco molto.
Colazione: muesli e yogurt
Pranzo: ratatuille di verdure
Merenda: 1 barretta ai cereali
Cena: riso integrale con verdure, 5 albicocche
mercoledì, 2 luglio
Stamattina ero nello spogliatoio della piscina, avevo appena finito la doccia quando ha chiamato Vittorio, mio fratello, sua moglie Isabella era caduta mentre asciugava il bambino dopo avergli fatto il bagnetto, il piccolo per fortuna era caduto sul letto ma lei s’era sicuramente fratturata una gamba ed erano al pronto soccorso. L’ospedale è a due passi dalla piscina comunale, così sono corsa lì in bicicletta. E’ stata una giornata orrenda, fra radiografie, attese e diagnosi, e Isabella sempre in barella a soffrire. La frattura è scomposta e si dovrà operare, ma non si sa quando, così nel frattempo l’hanno ricoverata senza ingessatura e con dei dolori lancinanti. Sembra che a Palermo certe famiglie facciano prove di ricovero ospedaliero ogni mese, tutte le altre pazienti erano già fornite di cuscino, posate, tegamini, lenzuola, sedia a sdraio per la parente che assiste, noi invece eravamo assolutamente sprovvisti.
Poverini! Stavano per trasferirsi nella casa di villeggiatura e il programma è andato all’aria. Ora c’è il problema di Camilla e del bambino, perché lei deve preparare tre materie per settembre e Vittorio vuole che sia io ad accompagnarla alla casa al mare, ma non se ne parla nemmeno, già sto preparando i bagagli per Linosa. M’ero dimenticata del cane, a quanto pare è sempre rimasto sullo zerbino, protetto dall’animo caritatevole dei bambini dei miei vicini e dallo junk food che gli lanciano dalla porta.
Mangiato:
Colazione regolare con latte di soia e cereali. Alle quattro del pomeriggio un panino al prosciutto dal distributore automatico dell’ospedale. Niente cena.
Una corsa serale a Villa Trabia.
giovedì, 3 Luglio
Stamattina sono uscita a piedi e il cane mi ha seguito per strada. Sono entrata all’ufficio postale convinta di averlo seminato e lui è rimasto fuori dalla porta girevole, quella lo deve aver fatto spaventare, ma quando è arrivato un badante con vecchietto in carrozzina è s’è fatto aprire l’altra porta, il cane s’è intrufolato dentro venendosi a sedere accanto a me. Ho ammannito sorrisi a destra e a manca precisando che io con quel cane non c’entravo niente, la gente sembrava guardarmi senza partecipazione.
«Professoressa Tesoriere – mi ha poi detto il cassiere quando è arrivato il mio turno – lei è una persona tanto precisa, l’unica a pagare le bollette nella stessa settimana in cui le arrivano, dovrebbe allora sapere che qui non si possono introdurre cani.»
«Il cane non è mio.»
Difficile farlo credere, l’animale mi stava accanto con l’aria affettuosa e deferente di chi ha dormito nel mio letto fin dalla nascita.
«Chi glielo ha mollato?» Ha risposto quello, alzando gli occhi sugli occhiali con aria compassionevole.
«Nessuno. E’ lui che ha deciso di seguirmi. Non gli ho dato né una carezza né un pezzo di pane.»
«Siamo in estate e la gente si disfa dei cani, se lo tenga, guardi, è proprio bello!» – mi dice osservando l’animale ruffiano che per farsi adulare s’era seduto tutto fiero, sembrava un cane di porcellana, di quelli che si vendono all’ingresso dell’autostrada.
«Non se ne parla nemmeno, i cani sporcano e sono un impiccio!»
Ho comunque apprezzato la sua discrezione, poteva fare accenno al fatto che sono sola e ormai in pensione e il cane avrebbe potuto farmi compagnia, ma s’è astenuto.
Di nuovo in strada ero sicura di averlo seminato, ma ancora una volta me lo sono trovato al passo, camminava accanto a me come se ci fosse un guinzaglio virtuale a legarci, è proprio un attore!
Però al negozio biologico no, mi sono detta, lì mi conoscono tutti e rischio di fare brutta figura, così fuori dalla porta ho pensato bene di rivolgergli la parola.
«Tu stai seduto qui e non entrare. Seduto.» – Non dovevo farlo, il cane non aspettava altro che una mia attenzione, qualsiasi, anche un rimprovero, così s’è messo nella sua posa da cane di porcellana tutto scodinzolante, poi ha alzato la zampa come per darmela sulla mano, ma non ho ceduto.
«Bel cane, che razza è?» – Mi fa un signore.
«Non è mio, se vuole se lo può portare a casa.»
«Non oserei mai, si vede che vuole stare con la sua padrona.»
Alla fine ho pensato di andare in piscina in bicicletta per seminarlo, ma quello mi ha seguito correndo e quando in viale del Fante ho accelerato, quel poveretto s’è messo ad ansimare come un vecchio enfisemico. Però è arrivato fino all’ingresso della piscina, ha visto dove legavo la bici e s’è accovacciato lì accanto deciso ad aspettarmi. In piscina ho fatto trentacinque vasche, preso un po’ di sole con Francesca e Valeria, ho fatto la doccia, messo le mie creme e il mio olio nei capelli, preso una barretta al bar mentre le mie amiche si ingozzavano di calzoni e pizzette. Quando sono tornata alla bicicletta lui era ancora lì accanto, abbandonato in un sonno di pietra. Ho iniziato a slegare la bici stando attenta a non produrre alcun rumore, quando ho visto la palpebra del cane alzarsi controvoglia, come dicendo fra sé e sé:
Dormirei un’intera settimana ma il dovere mi chiama, è arrivata la mia padrona e il mio compito è quello di seguirla ovunque vada…
S’è stiracchiato come se le sue ossa fossero annodate in un groviglio, come se i suoi muscoli fossero tutti un dolere e s’è rimesso in marcia dietro di me. Che dire? Mi ha fatto pena e ho fatto il tragitto di ritorno piano piano per non farlo stancare ulteriormente.
E’ rimasto sullo zerbino della porta per il resto della giornata, ho sbirciato più volte dallo spioncino, quello s’è organizzato: beve dall’acqua del sotto-pianta della kenzia del pianerottolo, che a Daniel glielo dico sempre di non annegare le radici in quel modo! Poi i bambini dei vicini devono avergli buttato dei pezzi di salame e dei biscottini, non è certo l’alimentazione più sana per un cane. Ma a pensarci bene quei bambini stamattina erano in partenza con mamma e valige, chi ha dato quel cibo al cane? Pomeriggio in ospedale da Isabella.
Mangiato:
colazione: 1 coppetta di muesli e yogurt, 3 fette di melone
barretta in piscina
pranzo: insalata greca con 70 gr. di feta, quattro gallette di kamut
merenda 3 nespole e due gherigli di noce
cena: melanzane e peperoni alla griglia, una fetta di pane tostato e 100 di fesa di tacchino
1 ora di nuoto
troverete il seguito del racconto in questo volume:
cronache di poveri diavoli in una città di paradossi
La Repubblica, 22 maggio 2011 — pagina 12 sezione: PALERMO
L’ estate a Palermo sa di gelsomini e di scirocco. Ha il tanfo di strade non lavate dalla pioggia, e il profumo inconfondibile del mare. Mantiene, indolente, un ritmo ripetuto all’ infinito, dove alla silenziosa controra fatta di sguardi nascosti dietro persiane socchiuse, segue lo sciamare di passeggiate alla ricerca di una brezza ristoratrice. Forse più che in altri periodi dell’ anno, Palermo in estate mostra tutte le sue ferite, rughe che traspaiono ben visibili sotto la spessa coltre di cipria con la quale s’ imbratta per cercare di recitare un ruolo di metropoli al quale un passato ormai lontano l’ ha inchiodata, condannandola ad una recita senza fine. Dalle pagine di Un’ estate a Palermo (Ernesto Di Lorenzo editore, 300 pagine; 14,90 euro) racconto corale di otto “scriventi” (Maria Adele Cipolla, Enzo Di Pasquale, Rossella Floridia, Martino Grasso, Beatrice Monroy, Gianfranco Perriera, Elena Pistillo, Marco Pomar) esce un ritratto bello e terribile di questa città, fotografata nella sua normalità. Assolutamente ordinaria, banale finanche, eppure straordinariamente unica e riconoscibile per quella maniera di vivere come immobilizzata, immersa in un vuoto che divora, come sottolinea Emma Dante nella prefazione al testo: «raccontano ciò che è stato e che non è più, la presenza di un male che da dentro ha dilaniato a muzzicuni la città, divorandosela piano piano». Otto storie che, in qualche modo, si sfiorano, in maniera del tutto casuale, tra la fine di giugno e la prima metà di luglio. In una Palermo che ha l’ immobilità di uno stagno, dove la mancanza di movimento non restituisce l’ idea di calma ma piuttosto quella di putrido, si muovono le esistenze di personaggi anonimi, che vivono, più o meno serenamente, la loro esistenza. Nel racconto che apre il libro, Qualcosa d’ insensato di Gianfranco Perriera, il protagonista è un giovane rappresentante di testi scolastici, che si ritrova, improvvisamente, travolto da una terribile confessione che gli viene fatta da una sua ex ragazza. E la sua frustrazione nell’ inutile corsa contro il tempo è la perfetta metafora di tutti gli sforzi che perlopiù si trasformano in fallimenti, ai quali questa città ci ha abituati. «Volevamo raccontare il sud dal punto di vista di noi fantasmi – scrivono gli autori nella prefazione del libro – i muti, i non eroi, i non commissari di polizia, i non mafiosi, essere insomma fuori dal coro di quella letteratura che fa tanto folclore. Di qui la scelta di scrivere ciascuno di noi il diario di un personaggio minore. Niente di eroico. Raccontiamo la città, i suoi abitanti, gli anonimi con i problemi di ogni giorno, in due settimane estive, il momento in cui Palermo è nella sua massima espressione di palermitanità». Sono racconti affollati di storie nelle storie, di visi che si scrutano attentamente o che s’ incrociano distrattamente tra i tavolini all’ aperto di un bar dove si celebra il rito del gelato pomeridiano. Storie crudeli come quella di Polizia Polizia di Elena Pistillo che racconta la città guardata con gli occhi innocenti di una ragazzina giuntavi dal Nord Italia e destinata dal padre a commerci infami. Storie dolcissime come La buttana del re di Beatrice Monroy, la cui protagonista, ormai più che ottantenne, rievoca una vita interamente trascorsa ad esercitare il mestiere in uno di quegli appartamenti sulla strada. Ma quanta dignità in quella vita intrapresa per amore di un uomo e quanto emblematica delle contraddizioni di questa città, la circostanza che la statua della Madonnina dell’ edicola votiva posta davanti la sua abitazione, e alla quale tutto il quartiere è devoto, abbia inequivocabilmente, le sue sembianze. Ed è proprio quella statua lo scopo del viaggio intrapreso da Antony, da oltre trent’ anni in America, protagonista di My trip a Palermo di Enzo Di Pasquale, che al suo ritorno trova solo indifferenza e nessuno disposto ad ascoltare i suoi ricordi. Ed un viaggio, seppur molto più breve, compie anche la protagonista di Principi e Principesse di Martino Grasso che, dalla vicina Bagheria, si avventura in una Palermo, che, per una vita intera, ha creduto abitata solo da nobili, e, come tale, simile a un posto incantato. E nell’ originale formula narrativa s’ incrociano le storie di una neo pensionata insegnante di lettere nel riuscitissimo racconto L’ intruso di Maria Adele Cipolla e di Mischina, và~! nel quale Rossella Floridia si cimenta con il dolore di una donna nello scoprire un duplice tradimento del quale è vittima. Il racconto che chiude il libro, L’ incarico di Marco Pomar, è un epilogo che giunge un po’ inaspettato e, forse, non proprio in linea con il resto del libro. «Le storie s’ intrecciano, tenendosi l’ un l’ altra – spiegano gli autori – perché in ciascun racconto sono entrati, hanno fatto visita i personaggi degli altri racconti, i destini di chi vive nel silenzio la grande, confusa, solare metropoli del sud. Abbiamo provato così a portare un piccolo contributo, da scriventi, alla necessità di cominciare a dipanare l’ aggrovigliata matassa di questa irripetibile, sontuosa ed infelice città a cui apparteniamo». – AMELIA CRISANTINO ANTONELLA SCANDONE
In attesa dell’arrivo di “Elda”, finalmente ordinato, mi sono divertita a leggere Un’estate a Palermo. Complimenti anche per il modo divertente di raccontare fatti che possono realmente accadere in una città bizzarra come la nostra. A proposito, la prof ha perfettamente ragione: non se ne può più di vedere statue di P. Pio disseminate dappertutto, penso che anche lui sarà stufo di tutta questa pubblicità!
Anche a me capita di affezionarmi ai miei personaggi e vivere con loro.
salve, sono capitata per caso… lei scrive benissimo, riesce a raccontare con leggerezza e intensità .. Mi sono affezionata a Max e a Prospero!!