Nel dopoguerra Heinrich Böll scrisse il racconto Nicht nur zur Weihnachtszeit (tradotto in italiano con il titolo Tutti i giorni Natale, contenuto nella raccolta Racconti umoristici e satirici ).

Si racconta delle vicende di una famiglia benestante tedesca, del passaggio della seconda guerra mondiale dallo sguardo privilegiato della zia Milla, che a mio avviso rappresenta quel blocco sociale che fece finta di non vedere, non sentire e al massimo eseguire gli ordini. La zia Milla è un’amabile anziana che ha il pregio di raccogliere la famiglia allargata la notte di Natale, replicando lo stesso rituale ogni anno, con gli stessi gesti e dettagli. Un’unica voce fuori dal coro è quella del cugino (del narratore) Franz che, svogliato negli studi, finisce col fare il pugile.

La zia Milla era famosa in famiglia perché la cosa che le piaceva di più era addobbare l’albero di Natale; un debole innocente, anche se particolare, pure abbastanza diffuso nella nostra patria. Tutti sorridevano con indulgenza di questa sua piccola mania, e l’avversione, che Franz già nella prima giovinezza – aveva manifestato per tutte quelle “cianfrusaglie” era oggetto della più violenta indignazione tanto più che Franz era di per se stesso un fenomeno sconcer-tante. Si rifiutava di collaborare all’addobbo dell’albero di Natale. Tutto fino ad un certo punto procedeva normalmente. Mia zia, si era abituata all’assenza di Franz durante i preparativi delle settimane dell’avvento e a che – durante la festa – comparisse solo per il pranzo. Non se ne parlava nemmeno più… (cit.)

Su questa famiglia, come su tutte, passa il vento devastante della guerra, mentre sembra che l’unica preoccupazione di zia Milla sia rivolta al suo albero di Natale.
…La guerra venne infatti avvertita dalla zia Milla solo come una forza che aveva cominciato già a Natale del 1939 a mettere in pericolo il suo albero di Natale. Senza dubbio il suo albero di Natale era di una particolare sensibilità.
La principale attrazione dell’albero di Natale della zia Milla erano dei nanetti di vetro che tenevano nelle braccia alzate un martelletto di sughero; ai loro piedi erano appese incudini a forma di campana. Alle suole dei nanetti erano fissate delle candele; raggiunto un certo grado di calore, cominciava a muoversi un meccanismo nascosto, una frenesia nervosa si comunicava alle braccia dei nanetti che battevano come matti coi loro martelli di sughero sulle incudini a forma di campana e provocavano – una dozzina in tutto – un fine tintinnio concertante, come una musica di elfi. In cima all’abete era attaccato un angelo vestito d’argento, dalle guance rosse, che a determinati intervalli muoveva le labbra e sussurrava “pace, pace”. Il segreto meccanico di quest’angelo, custodito gelosamente, mi si è rivelato solo più tardi, sebbene allora avessi occasione di ammirarlo quasi ogni settimana. Ma dall’abete di mia zia pendevano una infinità di altre cose, caramelle di zucchero, biscottini, figurine di marzapane, zucchero filato… …i fili di stagnola… (cit.)
E mentre l’esercito tedesco, avanza, distrugge, devasta e uccide, anche l’albero di zia Milla subisce dei danneggiamenti.
…Ci furono scene terribili quando i nanetti caddero dall’albero: una volta cadde addirittura l’angelo. Mia zia era inconsolabile. Dopo ogni incursione aerea, cercava di rimettere a posto, con enorme fatica, tutto l’albero com’era prima e tentava per lo meno di mantenerlo in vita durante i giorni di Natale.
Ma già nel 1940 non c’era nemmeno più da pensarci…
…Tutti partecipammo al dolore di nostra zia che era una donna amabile e simpatica. Ci fece dispiacere che si dovesse dichiarare disposta – dopo dure lotte, dispute infinite, dopo lacrime e scene, a rinunciare al suo albero per tutta la durata della guerra… (cit.)
In realtà la zia Milla, insieme alla sua famiglia, gode il privilegio di difendersi dagli orrori della guerra.
…questa fu l’unica cosa per cui si accorse della guerra. Il bunker che mio zio aveva costruito era a prova di bomba, e poi c’era sempre una macchina pronta per portare la zia Milla in regioni in cui nulla si notava degli effetti della guerra; si fece tutto per risparmiarle la vista delle paurose distru-zioni… (cit.)

Finita la guerra, l’unica preoccupazione di zia Milla è quella di ripristinare le tradizioni natalizie, quì il cugino Franz, unica voce fuori dal coro, comincia ad avvertire i primi segnali inquietanti.
...La zia Milla ricominciò con l’albero di Natale. Era una cosa in fondo innocente: persino la tenacia con cui volle che tutto fosse “come prima” ci strappò solo un sorriso.
Dapprima non c’era davvero ragione che prendessimo questa cosa troppo sul serio. La guerra aveva distrutto tante cose la cui ricostruzione ci procurava maggiori pensieri: perché privare – dicemmo – una deliziosa signora anziana di questa piccola gioia? Ognuno sa quanto fosse difficile allora trovare burro è lardo: persino per lo zio Franz con tutte le migliori relazioni – era impossibile procurare, nell’anno 1945 figure di marzapane, ciondoli di cioccolata e candele; solo nel 1946 si poté avere tutto. Per fortuna si era salvata una serie completa di nanetti e di incudini e anche un angelo.
Mi ricordo ancora bene del giorno in cui fummo invitati: era il gennaio del 1947, fuori faceva un gran freddo, ma da mio zio era caldo e di cibi non mancava niente. Quando si spensero le lampade e si accesero le candele, quando i nanetti comincia-rono a battere col martelletto sulle incudini, l’angelo a sussurrare “pace, pace”, mi sentii trasportare indietro, in un tempo che avevo creduto ormai passato… (cit.)

Il fatto è che da quel momento zia Milla non vuole risvegliarsi dal Natale, impedisce ad alcuno di smontare l’albero e vuole festeggiare ogni sera. Le sue reazioni sono talmente allarmanti da richiamare medici specialisti, mentre la famiglia si interroga sul da farsi, perché la zia rischia di morire di inedia e isteria se non viene replicata ancora una volta la festa di Natale. Così si concede una replica, poi due, poi tre, poi fino alla primavera la famiglia, sfinita, ogni sera si ritrova a cantare inni natalizi. Fino a quando alla chetichella ognuno dei familiari, avanzando impegni improvvisi, assolda un attore che lo sostituisca in qualità di replicante. La situazione diventa surreale perché in breve tempo la zia Milla si ritrova da sola, senza accorgersene, a festeggiare ogni sera il Natale con una compagnia di prosa.
Io trovo in questo racconto una metafora sul passaggio del Nazismo e della seconta guerra mondiale (anche della seguente divisione della nazione in due blocchi) su una certa componente della società tedesca, un racconto grottesco ed esilarante che solo un autore come Heinrich Böll, tedesco, poteva osare. Un atteggiamento di evitamento ed estraneazione dalla realtà che deve farci riflettere anche in tempi contemporanei, mentre il negazionismo si impone sullo sfacelo ambiantale e sul ritorno di ideologie autoritarie.

Tutti i giorni è Natale, di Heinrich Böll, nella raccolta Racconti umoristici e satirici, edito da Bompiani, Milano
Devi accedere per postare un commento.