Merito o passione?

Poniamo il caso di una scuola pubblica che permetta lo stesso medesimo accesso all’istruzione, senza distinzione di ceto, risorse, posizione geografica, contesto sociale, genere, salute, neuroni, insomma una scuola che non esiste neanche nelle democrazie più evolute. Ma davvero vogliamo che a una scuola tanto perfetta sia data la facoltà di far proseguire soltanto in base al merito?

Perché in fondo dobbiamo capire bene cosa si intende per merito: se il merito è dato dal giudizio dell’insegnante, espresso tramite voti o giudizi o qualche altra innovazione tecnologica, esso certifica la capacità di applicazione di uno studente in una forbice che va dall’imparare tutto a memoria, all’imparare con qualche capacità critica. Si tratta cioè del pregio di saper rispettare gli impegni e le scadenze, cosa importantissima per lo svolgimento del programma ministeriale così come per il funzionamento di una azienda. Il merito premia quindi chi non fa perdere tempo ai docenti e nel futuro sarà un dirigente molto affidabile. In questa categoria, però, potrebbe nascondersi anche chi ama studiare soltanto per il piacere di far bene, e al complimento del ciclo di studi non sappia che individuo essere, che qualità di vita lo aspetti.

Nulla invece viene verificato della capacità dello studente nel percepire le proprie passioni e perseguirle ad ogni costo, perché esiste un altro tipo di studente (fra la moltitudine di tipi che potrebbero essere presi in esame), quello che ad un colloquio fra docenti e genitori viene etichettato col “peccato è tanto intelligente ma potrebbe fare di più”. E invece no, quello studente fa esattamente quello che gli suggeriscono le sue passioni, fa delle scelte fra le materie e gli argomenti, su alcuni si butta a capofitto, su altri fa il necessario rimandando l’approfondimento a un altro periodo della sua vita. Questi studenti che la meritocrazia spesso mortifica potrebbero essere i geni di domani, o solamente delle persone che guadagnano giusto il necessario divertendosi però molto.

Non dico che il merito debba contrapporsi alla passione, ma una buona scuola non può ignorare la seconda, anzi deve aiutare ogni studente, dal più svogliato al più efficiente, a cercare innanzitutto cosa perseguire, per essere una persona determinante per sé e per gli altri.

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