Questo capitolo è letto da Giulia Alfano
Dalla morte della signora Emma fu Elda, la cui cucina non era da meno, a ospitare i pranzi del sabato. Il vuoto lasciato dalla nonna e dalla signora Rosa ora era mitigato dalla presenza fissa di Maddalena e Gabriella, le “compagne” di Davide e Dario.
“Ma neanche in Municipio come abbiamo fatto noi? Con la nascita di un figlio diventa complicato non essere sposati.” – diceva Elda
“E’ un pezzo di carta privo di valore.” – tagliava corto Gabriella che poi dopo qualche minuto si rivolgeva a Maddalena – perché non tenti il parto in acqua? Sul serio, è la cosa più naturale, i bambini non hanno alcun trauma perché dal liquido amniotico passano in un fluido che ha la stessa temperatura.”
“A Palermo è impossibile – rispondeva Maddalena con un pancione di sei mesi – sto pensando semmai al parto in casa, però mi hanno detto che a Villa Sofia stanno sperimentando il parto da seduta, è più ergonomico, così facevano le contadine.”
“Sì ma in ospedale stai attenta al latte, devi dare il colostro prima che quegli stronzi lo fanno abituare al biberon, te lo devi attaccare al seno prima ancora che tagliano il cordone ombelicale.”
A Pietro e Ignazio stava passando l’appetito e pensavano a un espediente per cambiare discorso. Così fu provvidenziale l’improvviso annuncio, anche se timido, di Emma:
“Vorrei tentare di prendermi la maturità da esterna… so che è difficile ormai… dopo quasi dieci anni, ma vi chiedo di aiutarmi, per me sarebbe molto importante.”
“Bimba mia, ma certo! Tutto l’aiuto che vuoi.” – Ignazio stava quasi per piangere.
“Dovrò studiare il programma di tre anni.”
“Per le materie letterarie devi solo scegliere tra me e tuo padre.” – fece Pietro.
“Sorellina, io ti aiuto con la matematica e le scienze.” – disse Davide
“Io non ho mai venduto i nostri vecchi libri.” – disse Dario
Tutti erano commossi, anche se non volevano darlo a vedere.
La preparazione di Emma durò un anno e mezzo, nei quali continuò a coprire i suoi orari alla casa editrice senza sconti, anzi lo studio le rese più interessante il suo lavoro e aiutò Giulio per due volumi fotografici, uno sulla storia di Palermo e uno sulla storia della Sicilia.
Ignazio l’aiutò a svolgere i programmi di filosofia e storia, Pietro quelli di latino e di greco, Davide si occupò delle materie scientifiche, mentre Dario, Maddalena e Gabriella la facevano ripetere a turno.
Per Ignazio la maturità di Emma fu anche un conforto che riuscì a distrarlo dal dolore per la perdita del suo amico Pio, compagno di tante battaglie, che era stato ucciso da un commando mafioso. Ventisei giorni prima dell’eccidio avevano sfilato insieme in un’imponente manifestazione pacifista contro l’installazione di missili Nato nella base militare di Comiso. Pio[1] era da poco diventato segretario regionale del PCI e la sua eliminazione stava anche accelerando quel processo di sgretolamento della dirigenza palermitana in cui ormai sia Ignazio che Davide faticavano a ritrovarsi.
Emma doveva prima sostenere un esame sui programmi degli ultimi tre anni di liceo, e questa era la cosa che la spaventava di più perché erano molto vasti. Poi le restava il colloquio in storia e letteratura italiana, quest’ultima materia l’aveva preparata da sola scrivendo anche una tesina su Pavese, che era stata rivista da Elda.
Nei cinquanta minuti di colloquio Emma spaziò da una materia all’altra senza alcuna difficoltà e a un certo punto uno dei membri guardò l’orologio a malincuore.
“Mi dispiace interromperla, lei ci ha davvero incantati e ci piacerebbe starla ancora a sentire, ma si è fatto tardi e abbiamo altri candidati da esaminare.”
Per Emma era forse il giorno più bello della sua vita, era raggiante, aveva un abito turchese con una fascia in vita e i capelli stretti all’indietro da una lunga treccia alla francese, era anche leggermente abbronzata perché il giorno prima aveva deciso di prendersi una pausa, questo le faceva risaltare i suoi magnifici occhi azzurri. Erano tutti in corridoio ed Emma stava abbracciando suo padre quando si avvicinò loro il commissario di scienze.
“Buon giorno professore Santelia, posso presentarmi? Sono Giorgio Russo, sono stato compagno di Emanuele al liceo, come sta suo figlio?”
“Oh… molto piacere – rispose Ignazio – Emanuele sta benone, è sposato e ha una bambina di quattro anni, gli dirò di averla incontrata.”
“Lo leggo spesso nelle riviste scientifiche, è diventato molto autorevole e del resto era prevedibile, a scuola ci spiazzava tutti – poi, perdendosi negli occhi di Emma – noi comunque ci conosciamo già dal Manifesto, vero? Anche se io ero, diciamo… fra quelli più vecchi.”
“Sì disse Emma – ricambiando lo sguardo – ora mi ricordo…”
Poi quando lui ritornò al tavolo della commissione Dario disse ad Emma:
“Anch’io mi ricordo, al Manifesto lui faceva parte del gruppo dei boss.”
“Sì ma noi eravamo tanto più piccoli. A me quelli facevano soggezione.” – rispose lei.
Quell’estate, era il 1983, Pietro a 62 anni decise di lasciare il giornale col minimo della pensione. Dall’uscita di Elda quella testata aveva avuto una parabola discendente cambiando più volte direzione e ragione sociale, anche il PCI l’aveva abbandonata e si era costituita una cooperativa che faticava a tirare avanti, fra ristrettezze economiche e fratture interne.
Pietro era deciso a dedicarsi completamente alla campagna e ai suoi studi storici, e fece coincidere il suo commiato con l’inizio della villeggiatura. Tuttavia dopo l‘estate iniziava a rendersi conto che non aveva più un impegno che l’aspettava ogni giorno e fu un diversivo aiutare Dario e Gabriella a sistemarsi nella casa nuova, la metà dell’appartamento al primo piano che gli inquilini avevano appena lasciato libero.
“Guarda! Tutti gli LP di De Andrè… Dario, mi sa che avremo dei doppioni, io ho portato anche i miei.” – diceva Gabriella svuotando casse di libri, dischi e riviste.
“Allora datemi quelli che avanzano – diceva Emma aiutandola – ma guarda… l’album di Woodstock l’avevamo pagato metà l’uno, e ha pure tutta la collezione di Linus dal 1965… io i miei non li trovo più.”
“Te li avrà fregati lui. E’ un ladro di passo.” – rideva Gabriella
“E finitela voi due – urlava Dario dall’altra stanza, in una pausa del suo lavoro di trapano, mentre stava montando le cremagliere di una libreria – ragazze io sono stanco morto. Che ne dite di una pizza? Mamma e papà ci venite?”
“E se andassimo poi al cinema?” disse Elda che stava aiutando Pietro montare un mobile per la cucina – al Fiamma fanno Fanny e Alexander.”
Alla fine del film si erano trovati stretti dalla folla nel corridoio centrale della sala e avevano perso di vista Emma, ritrovandola all’uscita che parlava col professore Giorgio Russo.
“Sembra il Bergman dei momenti migliori…” – stava dicendo lui.
“Bellissima l’ambientazione… il teatro…”
“Allora… contenta del risultato degli esami? Non è facile per un candidato esterno avere il massimo dei voti.”
“Sì, devo dire che ho riscoperto il piacere dello studio.”
“E allora perché non continuare?”
“Oh buonasera – disse Dario, inserendosi – E’ quello che dicevamo l’altro giorno.”
Dopo una breve conversazione salutarono il professore e si avviarono a piedi verso casa. Elda e Pietro camminavano dietro lasciando i ragazzi parlare insieme.
“Ha ragione il professore, perché non continui?” – diceva Gabriella
“Ci stavo pensando, ma con il lavoro…”
“Se sei riuscita a smazzarti la maturità mentre lavoravi, darti le materie all’università sarà una passeggiata.”
“A me piacerebbe studiare la storia dell’arte… la fotografia.”
“In effetti in casa editrice sta diventando il tuo settore, potresti iscriverti a lettere e scegliere come indirizzo storia dell’arte.” – diceva Dario
“Sì appunto – fece Gabriella, che poi continuò – è simpatico quel professore.”
“Strano – disse Emma – sembrava che ne avessi perso le tracce, ora invece pare materializzarsi in ogni posto in cui vado.”
“Abbiamo fatto colpo?” – Disse Dario prendendo a braccetto sua cugina.
“E smettila…” – si schernì lei ridendo.
…tratto dal romanzo Elda, vite di magnifici perdenti , di Maria Adele Cipolla
I capitoli illustrati verranno caricati ogni quattro giorni nella categoria Capitoli #progettoelda
Nella pagina Audiolibro #progettoelda si potranno ascoltare le letture di tutti i capitoli.
[1] Alle 9:20 del 30 aprile 1982, Pio La Torre stava raggiungendo la sede del partito con una Fiat 131 guidata da Rosario Di Salvo, quando la macchina fu bloccata da un commando armato che uccise ambedue. Pio La Torre temeva da qualche mese di essere ucciso, tanto che aveva con se una pistola che non ebbe il tempo di estrarre.
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