C’è una cosa che mi inquieta nel dibattito sul nuovo governo, ed è questo sbattere in faccia le lauree presso Università prestigiose, confrontate con l’ignoranza degli esponenti del Movimento Cinque Stelle. Io non ho mai amato questo movimento, vorrei chiarirlo, ma mi mette a disagio il tipo di discrimine sull’istruzione, che nei fatti è molto classista. Inutile ribadire che personalità eccellenti della cultura e della politica siano stati degli autodidatti e, nonostante i progressi fatti, riuscire a portare a termine gli studi Universitari per molti dipende ancora dalla situazione economica della famiglia (così come scegliere il luogo in cui frequentarla); accedere a un’Università privata lo è molto di più, perché anche le fantomatiche borse di studio richiedono un lauto contributo della famiglia, e se si tratta di spostarsi di regione, nazione o continente, le spese aumentano in modo esponenziale. In America le Università della costa orientale (al costo medio di 50.000 dollari per ogni anno frequentato) sono progressivamente diventate lo strumento di rinnovo della classe dirigente, una sorta di aristocrazia che vede avvicendare i membri delle stesse famiglie, maggiori finanziatori di Università che diventano quasi delle proprietà. Studi eccellenti, non c’è che dire, ma il rischio è che questi laureati non conoscano le condizioni di vita delle altre classi sociali, non riescano ad avere molta empatia e comprensione dei problemi altrui. Sono molto felice quando vedo figli di amici accedere ad Università molto prestigiose (anche se il mio modello ideale è la Scuola Normale di Pisa, realmente meritocratica e accessibile ad ogni classe sociale), non ci vedo nulla di male se uno studente ha il talento e i soldi per farlo, ma mi chiedo se è questo il tipo di istruzione a cui aspira l’Italia. La scuola per tutti è stata un caposaldo dei partiti di sinistra dai tempi della formulazione della nostra meravigliosa costituzione, ma ora vedo un lento scivolamento verso una scuola di classe con depauperamento (e denigrazione) della scuola pubblica. Come ciliegina sulla torta è arrivato il rospetto sulla didattica a distanza uscito dalla bocca del Presidente incaricato Draghi, che spero non segni la linea del nuovo ministro dell’istruzione. In Italia abbiamo gran bisogno di cultura, ma di una cultura che non lasci indietro classi sociali e regioni periferiche.

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