La prima volta che vidi Pina Baush a Palermo

Un immagine dello spettacolo

Lavoravo come attrezzista al Teatro Biondo Stabile di Palermo, era la primavera del 1988, il teatro era desertificato da una tournee della compagnia stabile (credo fosse la Pazza di Chaillot per la regia di Pietro Carriglio) che si era portata appresso la quasi totalità di tecnici e attrezzature. Io avevo evitato la partenza, sia perché avevo una bambina piccola, sia perché c’era in cartellone “Auf dem Gebirge hat man ein Geschrei gehört” di Pina Bausch, voluto fortemente dal Sindaco Leoluca Orlando, accettato ob torto collo dal direttore artistico e regista Pietro Carriglio. La mancata partenza mi aveva retrocessa a segretaria del direttore di sala, ma mi stava bene. Una settimana prima dell’arrivo della compagnia Tanztheater de Wuppertal, io e il direttore di sala decidemmo di aprire il fascicolo giacente nella scrivania di Carriglio, in cui Andres Neumann ricordava le specifiche del contratto sottoscritte dalla direzione artistica e mai comunicate al resto del teatro, ricordo ad esempio…n.7 docce con acqua calda nei camerini…n. 2 camion di torba fresca…

Ricordo anche attrezzature di base per un teatro, quali fari, camere nere e siparietti, che però erano partite in tournee insieme alle scene.

Se non avessimo deciso di sbirciare il contenuto di quel fascicolo lo spettacolo sarebbe saltato, ma anche avendone presa visione, la situazione era disperata e surreale: non avevamo accesso alle finanze del teatro, non avevamo neanche i tempi tecnici per organizzare tutte quelle cose.

Nonostante ciò decidemmo di fare il miracolo.

Il direttore di sala era spinto da ragioni pratiche quali la difesa del teatro e del proprio posto di lavoro, io semplicemente dal desiderio incontenibile di assistere per la prima volta nella vita ad uno spettacolo di Pina Baush.

Così ci attaccammo al telefono supplicando tutte le compagnie locali di prestarci il materiale di base, e non fu facile, perché il Teatro Stabile in città giocava il ruolo di asso piglia tutto dei finanziamenti culturali e non era affatto amato dalle piccole compagnie. Riuscimmo ad avere ciò che ci serviva. Fu difficile riuscire a trovare un idraulico che ci installasse le docce in una settimana e solo con un “pagherò”, ma la cosa più difficile da trovare furono i due camion di torba.

Non so come, il giorno dell’arrivo della compagnia tutto quanto richiesto nel contratto era stato preparato.

E si passò alla fase successiva: accogliere una compagnia di fama internazionale in due, senza direttore artistico né addetto stampa.

La compagnia era stata preceduta dai suoi addetti stampa e da personalità autorevoli vicine a Pina Baush, ma per gli inviti locali alla conferenza stampa feci affidamento alla mia rubrica personale, e poi ricordo di aver invitato alla prima dello spettacolo tutte le persone che ritenevo prestigiose nel panorama culturale della città.

Poi finalmente il giorno della conferenza stampa vidi approssimarsi al tavolo una figura minuscola, eterea e magica, ricordo che l’avere incrociato il suo sguardo sia stata una delle emozioni più profonde della mia vita, era finalmente lei, Pina Baush.

Tutto procedette senza che né il pubblico, ne la compagnia, ne Pina Baush, si accorgessero dei numerosi intoppi che incontrammo, noi pochi residuali di un teatro stabile possente.

Per quanto riguarda lo spettacolo, posso dire che due sono stati gli eventi cittadini capaci di elevarmi ad una dimensione onirica, magica e globale: la prima di Gebirge e la riapertura del Teatro Massimo.

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