Premessa
Chi ama la scrittura riconosce quella buona anche fuori dalla pagina, prima la poteva trovare nel cinema ora anche nelle serie TV, anzi, queste sembrano diventate il nuovo business dello scrittore; tanto che spesso, anche inconsciamente, la tastiera è mossa dalla speranza che il proprio romanzo ne possa ispirare una. Non si tratta di tradire il mestiere, o vendersi alla semplificazione. E’ chiaro che l’arbitrio dello sceneggiatore rischia di essere influenzato dalle logiche di mercato, ma in questo contesto c’è chi non solo riesce a creare un prodotto di qualità, ma anche ad essere pure premiato dall’audience. Chapeau! Perché l’impatto di una serie TV sulla cultura di massa, sarà sempre maggiore di quella di un bestseller cartaceo.
Detto questo, parliamo di Succession, serie prodotta dalla HBO e distribuita in Italia da Sky, ideata da Jesse Armstrong (un giornalista inglese che aveva lavorato su una biografia di Murdoch), che scrive la sceneggiatura insieme a Lucy Prebble, Jonathan Glatzer, Susan Stanton, Georgia Pritchett, Jon Brown, Tony Roche e Anna Jordan.
Trama

Si inizia dai titoli di apertura, componenti essenziali della serie che vanno visti più volte, andando avanti e indietro fra i fotogrammi di artefatti spezzoni in Super8, ricreati nei minimi particolari per sembrare rubati a una narrazione casalinga. Immagini ambrate che spalancano le porte sulle dimore di una famiglia costituita principalmente da quattro bambini, soli, all’inseguimento dello sguardo paterno. A distanza si intravede una delle tante mogli del padre. La colonna sonora di Nicholas Brittell esordisce con toni epici branditi come colpi di gong, e la stessa musica accompagnerà la narrazione attraverso le puntate, con le sue variazioni pianistiche capaci di cambiare registro dal drammatico al leggero, quando commenta i primi piani dei momenti più esilaranti, strepitosa!
Dopodiché abbiamo una saga familiare che ci racconta la vita di un magnate dell’intrattenimento commerciale, dai parchi a tema alle crociere, dalla carta stampata alle TV, un moderno Re Lear che potrebbe somigliare a Rupert Murdoch, e si ammira la disinvoltura della piattaforma Sky nel trasmettere la serie. La solita saga sui potenti? Ostentazione di lusso, feste meravigliose, bei vestiti e belle dimore? Una serie che al contrario ti ta fa odiare i ricchi e progettare una nuova rivoluzione di ottobre?
Non proprio.
Già nella prima puntata possiamo scorgere gli sguardi disorientati dei nostri eroi quando da abitacoli insonorizzati di mezzi privati (auto, elicotteri, aerei o imbarcazioni) guardano fuori dal finestrino: i bambini sono cresciuti ma non hanno contezza del mondo reale. Crollano già nella puntata successiva, quando sono costretti a prendere atto dell’uguaglianza terrena di fronte alla malattia, tanto che uno di loro afferra per la collottola un medico ospedaliero urlandogli invano: “Ma l’ha capito chi siamo noi?”
Sono talmente vulnerabili da suscitare incredulità, talmente sconclusionati da diventare comici, talmente imbarazzanti da essere sgradevoli. Potrebbero essere felici, se solo la mela del peccato non stesse a tentarli uno ad uno, prima o poi, fracassandone l’autostima con la promessa di mantenere o conquistare la poltrona di Chief Executive Officer; che si profila ora all’uno ora all’altro nel corso di due serie che stanno per diventare tre. Il succo è tutto nel profilo psicologico dei personaggi e dei processi che alimentano il meccanismo della manipolazione narcisistica operata dal padre imperatore.
Ma è la cifra dell’humor sottile che fa di questa serie un prodotto eccezionale, un vero spasso in cui di frequente oltre che ridere inneggi alla genialità: nei dialoghi, nelle situazioni, nell’abbigliamento come negli arredi, non c’è un solo dettaglio che non sia stato studiato a dovere.
Analisi dei personaggi
Il capofamiglia è Logan Roy, interpretato da Brian Cox, patriarca della Waystar Royco, colosso mediatico messo su in cinquant’anni di scorrettezze e illegalità. La serie si apre sui suoi anni di declino in cui, temendo di perdere il controllo, gioca sulle promesse fatte all’uno o all’altro figlio per fiaccarne l’autostima e dimostrare di essere insostituibile: è il solito cliché nel narcisista manipolatore. Nella vita mi è capitato di frequentare almeno due persone di potere che avevano queste caratteristiche e vi posso dire che, tanto la caratterizzazione di Brian Cox è azzeccata che in alcuni momenti mi viene da sovrapporre i loro volti a quelli di Logan. E questo sia nella versione in lingua originale che nel doppiaggio, perché lui del manipolatore sa riprodurre soprattutto i silenzi, gli sguardi altrove, l’evitamento, i mugugni, il disprezzo, gli scatti d’ira e le piccole perfidie; ma anche sa ammaliare la preda in fuga con quello sguardo che l’attira ancora una volta, foss’anche l’ultima, e che dice: “stavolta papà ti vuol bene”.
Kendall Roy, chiamato anche Ken, interpretato da un magistrale Jeremy Strong è il figlio che per primo vediamo al tritatutto. Sebbene dimesso da una clinica di riabilitazione dalla cocaina, è il più papabile successore perché ha esperienza nel business familiare, semmai è la spregiudicatezza a mancargli. Colleziona sconfitte con una capacità di resilienza che sconfina nel masochismo. Esilaranti i piani sequenza in cui Ken procede solitario nei corridoi deserti della compagnia, con i lembi del cappotto in avanti che lo fanno somigliare a un piccione.
Roman Roy, interpretato dal divertente Kieran Culkin, (fratello degli attori Macaulay e Rory) è un secondo fratello. Figura clownesca che ha bisogno di mettere di mezzo un simbolo del brand di famiglia ogni volta che vuole raggiungere l’orgasmo, e di espedienti ne trova davvero tanti. Un vigliacco dalle battute al vetriolo e dalle cadute metaforiche da cui sa sempre rialzarsi.
Siobhan Roy, chiamata anche Shiv, interpretata da Sarah Snook (bellissima attrice dall’irregolare aspetto scandinavo). E’ l’unica figlia femmina di Logan (forse gemella di Roman?), è intelligente e ha scelto di non stare nella compagnia, addirittura lavorando in politica per i democratici (Logan è ovviamente Repubblicano e le sue TV somigliano a quelle della Fox). Sembra al riparo dal pericolo ma il lupo Logan arriverà anche a lei. Dalle principesse uno si aspetta che sposino il principe azzurro ma non è così, perché quelle che hanno tutto vogliono mariti imbecilli e lei ne trova uno esemplare in Tom Wambsgans, interpretato da Matthew Macfadyen.
Connor Roy, interpretato da Alan Ruck è il figlio più anziano, ma anche l’unico a non condividere la madre con gli altri; della sua poi Roman dirà che era pazza, perché fra loro i bambini sono molto affettuosi. Lui s’è creato un suo mondo fatto di natura, buone pratiche e aiuti filantropici; ci ha anche messo una compagna scelta su catalogo, perché in realtà è una escort a cui paga l’esclusiva. Sembra scemo e forse lo è davvero.
C’è la matrigna Marcia Roy, interpretata da Hiam Abbass, moglie pensante del magnate, sicuramente non giovane e non sopramobile, anche se dotata di fascino e determinatezza. Sembra l’unica che abbia del senso pratico e un pò di istinto materno, merce rara in famiglia, ed è questo che le permette di tenere tutti in pugno, manipolare ed esercitare le sue rivincite sociali.
Poi c’è il cugino Greg Hirsch, interpretato da Nicholas Braun. La mamma gli ha fatto credere che il sogno americano possa realizzarsi con uno zio ricco, saltando la frequentazione di prep schools e golf clubs, ma in America questo non viene perdonato facilmente. Se non bastasse la sua impreparazione, a renderlo ridicolo c’è anche una corporeità eccedente che lo porta a parlare a sproposito, inciampare e fracassare. A forza di pestare i piedi a tutti, imparerà a servirsi della sua invadenza.
Il clan dei Roy si completa di fedeli servitori dell’impero, soci e vari ex partner. Vivono all’ombra della famiglia Roy, ma a poco a poco si accorgeranno di avere nella normalità il proprio punto di forza.
Conclusioni
Indicato a chi piacciono i dialoghi raffinati e ben scritti, l’humor sagace e pungente, la buona musica e la cura dei dettagli. Se avete questo profilo e non lo avete ancora visto vi invidio, mettetevi comodi e godetevelo tutto.
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