La vita sospesa

Sembrava un’emergenza destinata a riempire le prime pagine per una manciata di giorni, con la solita frenesia che amplifica le notizie per poi farle implodere all’arrivo di quelle seguenti, invece iniziamo a capire che la sospensione dalla vita civile può durare settimane, mesi; come in ogni guerra, che si sa perché inizia e non si sa come finisce. Apparentemente tutto resta com’è, tranne quella cappa di tristezza che ci avvolge pian piano, mentre la paura divora la fragile armonia di una società che sembrava non temere neanche il devastante cambiamento climatico, quello sotto gli occhi di tutti ma scacciato da rassicuranti bugie.

Se qualcuno profetizzava un evento dirompente capace di risvegliare la consapevolezza della nostra fragilità, forse quello si è palesato nel coronavirus COVID-19.

In effetti fra diluvi, epidemie e invasioni di cavallette, il catalogo di maledizioni bibliche sembra al completo e anche gli atei come me iniziano a intravedere l’ira funesta di un pianeta sofferente.

Una paura così la ricordo ai tempi del terremoto del Belìce, altri terremoti hanno poi devastato zone diverse, e poi in più parti del pianeta ci sono le guerre, stupide e crudeli. Ma ciò che fa la differenze nella paura odierna è la dimensione globale, quel globale che è stato messo alla porta per troppo tempo e adesso si insinua in noi sotto forma di particella invisibile, che non si sa chi la porta, né come arriva, che ci trova indifesi e i mpreparati.

Una concretissima minuscola minaccia sembra capace di ribaltare il senso delle cose, fornire un altro punto di vista. Alcuni si accorgono che non ha più scopo ciò che costituiva l’ossatura del sistema capitalistico: spostamento di merci e persone, consumi inutili, sprechi, economia virtuale.

Forse il virus non ha neanche un nesso con la concreta emergenza dettata dal riscaldamento globale, ma potrebbe indurci a rimettere in discussione la nostra relazione con il pianeta.

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