Elda, cap 43, Prima Comunione

“Ma non puoi giocare al giardinetto qui sotto come facevano Ruggero e Davide?” – diceva Elda a suo figlio Dario, di otto anni.

“Non ci va più nessuno al giardinetto!”

“E perché?”

“Perché le mamme non vogliono, dicono che ci sono gli zingari e i maniaci.”

“Ma quando mai! Per me voi ci potete andare.”

“E che ci vado solo con Emma? Tanto vale che giochiamo a casa.”

“Comunque avete il pattinaggio alla pista del Giardino Inglese, tre volte alla settimana.”

“Si al pattinaggio mi diverto, ma mi piace pure giocare al calcetto, allora, ci posso andare? Ci vanno tutti i miei compagni!”

“Ma è al S. Espedito!”

“E allora?”

“Ci sono i preti..”

“Ma perché ce l’avete tutti coi preti, tranne nonna Emma?”

“Semmai sono loro che ce l’hanno con noi, ma è un discorso troppo complicato, poi è lontano.”

“Ma se è più vicino della pista di pattinaggio! Là ci mandate da soli!”

Dario decise di intrufolarsi lo stesso nel cortile della parrocchia senza dire niente a casa, ma qualche mese dopo gli altri bambini iniziarono la preparazione alla Prima Comunione e il parroco gli disse chiaramente che se voleva continuare a frequentare il calcetto, doveva seguire anche lui le lezioni di catechismo.

Dario ebbe il presentimento che richiedere questa autorizzazione fosse ancora più difficile di quella del calcetto. Così scelse il momento più opportuno, mentre dava la buonanotte ai grandi una sera al Carrubo, alla presenza di Giulio e portandosi appresso Emma.

“Ci possiamo fare la Prima Comunione?” – dissero in coro i bambini.

“Ma come vi è venuta in mente questa cosa?” – domandò Ottavia.

“La fanno tutti quelli della mia classe.” – Rispose Dario

“Anche le mie compagne – fece Emma –  e hanno già i vestiti di merletto per il pranzo al ristorante.”

“Tesoro, non si sceglie di fare la Prima Comunione solo per avere un vestito di pessimo gusto, poi la mia famiglia è ebrea.” – disse Ottavia

“Non è vero! La nonna Ester ha la statuetta della Madonna di Lourdes sul comodino! E’ che io non posso mai fare quello che fanno le altre!”

Emma aveva già pronta la lista delle sue rivendicazioni che sciorinava a ogni arrabbiatura:

Perché devo portare il loden dei miei fratelli mentre le mie compagne hanno il cappotto col collo di pelliccetta?

Perché mi devo mettere i calzettoni di lana al ginocchio mentre le altre hanno i calzini traforati?

Perché dobbiamo andare da Ferrari[1]a comprare le pedule di montagna e non posso avere le scarpette scollate?

Perché la mamma deve venire a parlare con la maestra in calzoni e non si veste elegante come le altre mamme?

Così, per dare un taglio alla polemica, Elda promise che ne avrebbero parlato l’indomani, basta che ora andassero subito a letto.

Nel silenzio che si era creato all’uscita dei bambini, Giulio stava lottando con due tizzoni che facevano troppo fumo, con la testa infilata per metà dentro il camino e da lì, con la voce mischiata al tabacco della sua pipa, buttò giù:

“Buon divertimento! E che risposta date domani mattina? I vostri genitori avevano previsto per voi una carriera da giovani Pionieri dell’Unione Sovietica?”

 Quando finì di sistemare i ciocchi di legna e girò la testa verso Elda, Pietro, Ottavia e Ignazio, si trovò fulminato dai loro sguardi. Era facile per lui criticare ogni scelta sui figli, tanto lui di figli non ne aveva!

“Su… ragionateci un momento… non vedete che i bambini si sentono diversi dagli altri? Già è difficile per noi adulti, ma noi l’abbiamo scelto, loro devono subire le nostre decisioni senza capire cosa significano.”

Il fatto che dicesse le nostre decisioni fu molto apprezzato.

“Giulio, ti sei dimenticato che è stato il Vaticano a scomunicarci?” – disse Elda

“Ma era quindici anni fa!”

“E’ un problema di libertà, perché la stessa pressione non arriva dalle altre religioni? – Intervenne Pietro – Quello che ritengo insopportabile è essere costretti a fare questa discussione perché qualcuno, nella scuola pubblica, impone ai nostri figli preghiere e fioretti.”

“Hai assolutamente ragione, ma al punto in cui stanno le cose – gli rispose Giulio – che vuoi fare? Neanche sappiamo quante volte sono stati costretti a trovare delle scuse per non confessare di non essere battezzati.”

“Si parla di una cosa che non abbiamo fatto e che ci bolla come diversi, è come quando durante il fascismo eravamo costretti a fare le adunate.”

“E dimmi, quando ve li portate alle feste dell’Unità non è la stessa cosa?

“Ma che c’entra?”

“C’entra! Perché li abbiamo rinchiusi in un mondo protetto di gente come noi, ma la realtà sta fuori da qui e prima o poi ci si dovranno confrontare.”

“Io penso con terrore a tutta l’organizzazione – disse pensierosa  Ottavia – Emma mi tormenterà per il vestito…”

“Sì, appunto – fece Elda – poi vorranno andare ogni domenica a messa, e comunque non credo neanche sia possibile dal momento che non sono battezzati!”

“Figurati se mia madre non trova il modo di convincere il parroco a battezzarli in quattro e quattr’otto” disse Pietro.

“Figurati se quello perde l’occasione di battezzare la figlia di un Senatore comunista! – fece Ignazio, e riprese dopo una pausa – però confido nei bambini, si annoieranno alla terza lezione, poi sta arrivando la bella stagione, nei week-end si viene qui, vedrai che gli passerà la voglia.”

“E’ vero, sta arrivando la primavera, quando ci trasferiamo?” – chiese Ottavia.

“Bisogna vedere come sta papà” – rispose Pietro

“Che vuoi dire, sei preoccupato? – Gli chiese Ignazio.

“Non lo so, aspettiamo questi esami, ma è troppo sciupato, stanco, non ha voglia di fare niente.”

“Anch’io sono preoccupato, ma forse è l’essere andato in pensione che lo ha reso più fiacco. Lui viveva per il suo lavoro.”

“Chissà, magari la prima comunione dei bambini gli darebbe un motivo per uscire di casa.” – Ora fu Ottavia a ricevere come risposta lo sguardo altrui.

“A proposito – disse Ignazio seguendo una sua linea di pensiero – devo dare una risposta per la colonia sul lago Balaton.”

“No scusa – fece Giulio ridendo, di quella sua risata che coinvolgeva tutti – dopo tutta questa discussione la risposta è mandarli sul lago Balaton insieme ai figli degli altri dirigenti del PCI?”

E anche quella sera si avviò alla notte in un crescendo di risate.

Elda non amava prendere decisioni che non fossero consapevoli, quindi l’indomani si sedette sotto il carrubo con i bambini avviando una conversazione sulla storia delle religioni, citando passi del vangelo, facendo riferimento al Corano e ad altre dottrine, per poi arrivare alla conclusione che il cattolicesimo era una falsa interpretazione del cristianesimo, il quale era probabilmente soltanto una ideologia neanche tanto dissimile dalla loro. Li rassicurò anche sul fatto che non potevano esistere esseri soprannaturali, né una vita nell’aldilà. I bambini capirono circa un terzo di quel discorso, Dario però ebbe la sensazione che sua madre lo staesse prendendo molto sul serio e avviò così la sua fase mistica, mentre Emma pensò tutto il tempo al suo vestito di merletto.

I due bambini iniziarono con molta passione il catechismo e non lasciarono proprio perdere dopo tre lezioni, come aveva sperato Ignazio.

La nonna Emma si perse il bello, fece appena in tempo a organizzare il doppio battesimo durante una Messa di primo mattino, ma poi le condizioni di suo marito si aggravarono e non poté mai accompagnare i bambini al catechismo. Loro ci andavano da soli, del resto da soli facevano tutto il resto, il problema però non era affrontare il tragitto quanto lo sguardo del prete e delle catechiste ma la mamma non vi accompagna mai?

Poi c’era il problema della messa: la domenica mattina erano liberi perché col nonno malato di andare in campagna non se ne parlava, ma anche lì, nell’avvenimento settimanale più solenne di quel quartiere buono, questi due bambini seduti da soli nelle panche davano nell’occhio, anche perché tutti sapevano di chi erano figli.

Il crescendo dei preparativi andava di pari passo con l’aggravarsi del nonno e soltanto una settimana prima della comunione Elda e Ottavia si resero conto che dovevano organizzarsi. Il sogno di Emma della tunichetta e dell’abito di pizzo si infranse in una tunica troppo corta presa a prestito da una lontana cugina, era diversa da tutte le altre ma ancora più diversa era quella di Dario che aveva pure il cappuccio. A Elda e Ottavia sembrò una botta di frivolezza anticipare l’acquisto stagionale dei sandali blu con gli occhi in modo che i bambini affrontassero la prima comunione con le scarpe nuove, il problema era che tutti gli altri bambini avevano le scarpe bianche.

Il pomeriggio prima della comunione c’erano le confessioni e loro due si ripassavano il discorsetto a memoria alla ricerca di malefatte che rendessero più colorita la seduta al confessionale, ma di alcuni peccati capitali non capivano proprio il significato. Emma si confessò per prima e andò a inginocchiarsi con le sue preghiere, Dario invece si stava annoiando di aspettare il suo turno così iniziò a punzecchiarla:

“Non è vero che il prete ha la faccia che sembra quella di una tartaruga?”

“Sì, vero.” – disse Emma ridendo

“Cretina, ora ti devi confessare di nuovo!”

“Uffa, l’hai fatto apposta, e ora che gli dico?”

Dovette rifare la fila e quando il prete le chiese:

“Di nuovo qui sei?” – le toccò rispondere che nel frattempo aveva commesso un peccato di cui non poteva parlare, il prete chissà cosa si immaginò e le inflisse una sequela di Salve Regina che la inchiodarono nell’inginocchiatoio per un’altra ora e così i bambini dovettero percorrere la strada di ritorno col buio. L’indomani mattina si presentarono alle otto in chiesa come tutti gli altri, comprando al passaggio due gigli del costo di 500 lire ciascuno, erano da soli ma le mamme li avrebbero raggiunti per l’ora della cerimonia insieme a Wanda, Guglielmo, Teresa e i genitori di Ottavia.

Stavano in fila con le scarpe blu che si distinguevano dalle altre bianche, tutte le bambine avevano in testa il cerchietto con i fiori di panno lenci, Emma no, tutti i maschietti avevano i capelli pettinati indietro con l’acqua, Dario invece aveva il suo solito ciuffo sulla fronte e, mentre stava con le mani giunte in alto in un rapimento mistico si sentì dire da Emma:

“Non ti sei pulito le unghia, le hai nere.”

Dopo la cerimonia, uscendo dalla sacrestia, una suora chiese loro se volevano lasciare il giglio alla Madonna.

“Ma sono costati 500 lire l’uno!” – protestò Emma.

Elda e Ottavia, che stavano aspettando fuori dall’uscio, fecero un sorriso di scuse, lasciarono i gigli sotto la statua della Madonna e baciarono i bambini. Il loro atteggiamento frettoloso fu compensato dall’entusiasmo dei quattro nonni e della zia Teresa, che avevano anche portato regali adatti alla situazione. A casa trovarono Giulio con una monumentale scatola di Lego, così Emma e Dario si levarono le tunichette e si buttarono per terra a costruire un palazzo. Al piano di sotto il nonno Emanuele stava morendo.

Fu la loro prima e ultima comunione, d’estate andarono in colonia sul lago Balaton dove formarono un gruppetto con altri figli di compagni palermitani, che rimasero i loro amici più cari negli anni successivi.

…tratto dal romanzo Elda, vite di magnifici perdenti , di Maria Adele Cipolla

I capitoli illustrati verranno caricati ogni quattro giorni nella categoria Capitoli #progettoelda

Nella pagina Audiolibro #progettoelda si potranno ascoltare le letture di tutti i capitoli.

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