Elda cap. 53, Cambiamenti

Sia Ignazio che Davide presero parte al turbolento confronto politico che era iniziato in Italia dopo il crollo del muro di Berlino e la svolta della Bolognina.

Padre e figlio parteciparono a snervanti riunioni che si protraevano fino a notte alta, urlando, discutendo, lanciando reciproche accuse e violente invettive. Davide, se pur dolorosamente, decideva di dare fiducia al nuovo soggetto che nasceva sulle ceneri del PCI e che si sarebbe chiamato PDS. Ignazio invece prendeva parte alla diaspora degli esponenti del PCI che contestavano lo snaturamento dell’identità comunista, a cominciare dal cambiamento del nome del partito. Con loro c’erano anche diversi intellettuali marxisti, i compagni che erano stati protagonisti della vicenda del Manifesto e le sigle che si trovavano alla sinistra del PCI. Insieme avrebbero contribuito alla nascita del partito della Rifondazione Comunista.

A 70 anni Ignazio abbandonava il partito con cui si era identificato per 46 anni e iniziava una nuova avventura politica.

Ma il crollo del muro di Berlino, in famiglia coincise anche con le nascite di due secondogeniti: prima arrivò la piccola Stefania di Davide e Maddalena, che già avevano Eugenia di sette anni; poi dopo due mesi nacque Alberto, figlio di Dario e Gabriella che già avevano Lucia di due anni e mezzo.

Inutile negare che Pietro era molto felice di un nipote maschio dopo quella sfilza di femmine. Erano tutti a congratularsi nei corridoi dell’ospedale quando Emma arrivò accompagnata da Giorgio Russo, che fu accolto da Dario, Davide e Maddalena con molta confidenza.

Elda sapeva che da un anno s’era separato dalla moglie ed era evidente che avesse una storia con Emma. Lei e Pietro capirono di essere rimasti indietro, ma vedere Emma innamorata e adorata da un uomo simpatico e protettivo li rese molto felici.

L’indomani Elda andò al mattino in ospedale per visitare Gabriella e il bimbo e trovò Emma da sola in corridoio che aspettava:

“Non si può entrare perché c’è il Primario che fa il giro delle corsie.”

“In effetti è ancora troppo presto per le visite, pensavo che il traffico mi avrebbe fatto arrivare più tardi, che dici se nel frattempo andiamo a prenderci qualcosa al bar?” – chiese Elda.

Mentre percorrevano i vialetti del Policlinico alla ricerca del bar, passarono davanti all’entrata del SERT[1] dove c’era una sosta di anime perse, pietose e confuse, che aspettavano il loro turno. Emma impallidì, Elda le prese il braccio e la senti quasi mancare.

Emmuzza, che ti succede? Stai male? Andiamoci a sedere in quella panchina.”

Emma diresse Elda in una panchina più lontana, fuori da quella visuale.

“Hai visto per caso qualcuno là fuori che conosci?”

Emma con un filo di voce pronunciò:

“Loredana.”

“Era tua amica?” – chiese Elda.

Emma ora piangeva sommessamente, tremando:

“Era la mia amica del cuore…era la mia metà, abbiamo provato insieme la prima volta…”

Elda immaginava la scena con orrore:

“Non s’è mai ripresa?”

“Non lo so, avrà fatto dei tentativi, come me… qualcuno mi aveva detto che era ridotta male… – poi scoppiando a piangere – ma vederla è terribile!”

“Su, dai… calmati…” – le diceva Elda prendendole la mano.

“Sai quanti ne ho visti morire in questi anni? E chi non muore lo vedi pazzo che parla per strada, oppure gonfio di alcool.”

“Lo capisco… è terribile… ma questo significa che tu sei stata molto brava a farcela.”

“Sentirsi una sopravvissuta non è una consolazione, tutti loro me li sento addosso, e Lori poi..” continuando ora in un pianto dirotto.

Elda non sapeva che dire, soprattutto provava un affetto struggente e profondo per Emma, una cosa che non era mai successa. Tuttavia vederla piangere e confidarsi con lei in un certo senso la rassicurava. Finalmente si stava aprendo un varco in quel muro di impenetrabilità che aveva reso difficile in precedenza il loro rapporto. Ma c’era anche un’altra cosa: Emma aveva lo stesso sguardo disperato, le stesse chiazze sul volto, la stessa fluidità di lacrime che avevano in passato caratterizzato il pianto di sua madre, per i tradimenti di Guglielmo, per le bombe, per il cibo che mancava. Elda guardava Emma e le sembrava di essere tornata indietro nel tempo.

E sì, suo padre aveva visto giusto, Emma somigliava a Wanda.

La strinse a sé fortissimo, asciugandole gli occhi:

“Comunque se frequenta il SERT vuol dire che si sta facendo aiutare.”

“Tu credi? Quelli vanno lì solo per farsi sganciare la loro dose di metadone.”

“Emma, non essere pessimista, speriamo che lì ci siano dei professionisti che sappiano trovare il modo di aiutarli. Credi che chi lavora in questi posti non abbia già calcolato il rischio di essere preso in giro? Sarà una cosa lunga, ma come ce l’hai fatta tu potranno farcela anche loro.”

Elda riuscì a calmare sua nipote e andarono a sedersi a un tavolino del bar.

“È buona la tua granita?”

“Sì grazie, e il tuo gelato?”

“Ottimo, anche se non avrei dovuto, sto cercando di mangiare meno, ultimamente ho preso qualche chilo.”

“Elda ma che dici, per la tua età sei splendida, ma le hai viste le tue coetanee?”

“Certo ormai ho 66 anni, sono una vecchietta.”

“Ma va…” le disse Emma ridendo, finalmente aveva ripreso la sua luce e Elda la guardava rapita.

“Tu invece sei un fiore tesoro, lo dobbiamo anche a Giorgio?”

Emma arrossì leggermente ma il suo sguardo era pieno di gioia:

“È tanto visibile?”

“Sì, sia in te che in lui.”

Emma fece un sorriso pensieroso.

“Sono tanto felice che mi sembra di non meritarlo…”

“Emma!”

“Sì?”

“Basta colpevolizzarti!”

“Va bene,”  rispose Emma sorridendo.

Il sabato seguente il ritorno a casa di Gabriella col piccolo Alberto, Elda chiese a Emma di venire con Giorgio, che così fece il suo ingresso al pranzo familiare.

Finito di sparecchiare, mentre qualcuno ancora si attardava con la sua tazza di caffè e altri cercavano di calmare le coliche del neonato, Emma e Giorgio stavano seduti accanto sul divano, sfogliando un giornale. 

“Che state leggendo?” chiese Elda.

“Stavamo consultando gli annunci economici, vogliamo andare a vivere insieme ma io per ora sto in un appartamento troppo piccolo,” rispose Giorgio.

“Ma che bella cosa!”

“Sì ma per meno di cinquecentomila lire al mese non si trova niente,” disse Emma.  

“Forse facendo due conti ce la potremmo fare, questa casa in corso Vittorio sembra interessante, a me piace vivere in centro storico.”

“Sì, ma chiedono troppo, altrimenti facciamo come dice papà.”

“Che dice papà?” chiedeva Elda.

“Gli voglio dare casa mia e me ne vado in un residence,” disse Ignazio.

“Con tutti i tuoi libri? Ma perché te ne devi andare a stare da solo? Qui ci siamo noi, c’è Davide – poi rivolta a Giorgio – Quanto vogliono per quella casa?”

“550 e sono solo due stanze.”

“Se vi piace il centro storico per 300 vi do la casa di Giulio, è ancora vuota.”

“Dici sul serio Elda?”

“Sì.”

“Ma quella casa è bellissima!”

“Allora è fatta, tenete pure i mobili che vi servono, io non so dove metterli.”

La sera Pietro riprese il discorso:

“Ma davvero vuoi dare la casa di Giulio per così poco?”

“Quei due vanno incoraggiati.”

“Sì, e sei molto generosa, ma è assolutamente al di sotto del valore di mercato.”

“Non credere, è in centro storico e non ha l’ascensore.”

“Insomma… è una porzione nobile di un bellissimo palazzo storico, con la corte interna, la terrazza… Giulio l’aveva tutta ristrutturata. Non hai neanche consultato un’agenzia.”

“Non mi va di mettere gente estranea a casa di Giulio.”

“E i mobili? I quadri?”

“Sono cose che Giulio prendeva per due lire alle pulci.”

“Sì ma ora valgono parecchio.”

“Prenderemo qualcosa che ci piace, anche per ricordo.”

…tratto dal romanzo Elda, vite di magnifici perdenti , di Maria Adele Cipolla

I capitoli illustrati verranno caricati ogni quattro giorni nella categoria Capitoli #progettoelda

Nella pagina Audiolibro #progettoelda si potranno ascoltare le letture di tutti i capitoli.


[1] I Servizi per le Tossicodipendenze (SerT), sono i servizi pubblici del Sistema Sanitario Nazionale Italiano dedicati alla cura, alla prevenzione e alla riabilitazione delle persone che hanno problemi conseguenti all’abuso di droghe o alcool.

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