Il regalo di questo Natale

No, non ne usciremo migliori, però sta a noi contrastare il peggio che avanza. Ad esempio potremmo osservare da angolazioni diverse ogni caratteristica di quest’anno che sta per finire, consapevoli dell’ombra lunga che getterà su alcuni mesi del 2021.

Per prima cosa siamo passati dal brodo di errori e incertezze all’avere una via d’uscita, dal “non sappiamo quando sarà disponibile un vaccino” ad “avremo i vaccini dopo Natale.” Insomma, possiamo timidamente affermare che “prima o poi finirà”, ma come?

Le stesse persone che a marzo hanno creduto che il lockdown sarebbe durato una settimana, ora progettano feste di piazza e grandi bevute per celebrare la liberazione dal virus, pensando ingenuamente che sarà come la fine della seconda guerra mondiale. Neanche in quel caso ci fu un “cessate il fuoco” simultaneo, alcune aree geografiche furono liberate prima, altre dopo, ma almeno ci fu un evento da festeggiare, cioè la dichiarazione di resa dell’esercito tedesco. Il nostro virus invece non si arrenderà mai, continuerà a cercare un essere umano da infettare come lotta per la propria sopravvivenza. La nostra unica arma sarà una campagna vaccinale lentissima, che nella stessa area geografica vedrà convivere persone non immuni e persone guarite o vaccinate che a fatica riusciranno a convincersi di essere immuni, poi ci saranno coloro che da incoscienti hanno percorso tutta questa storia, ma parliamo di noi che è meglio.

Io sono stata protagonista di due lente ed epocali campagne vaccinali, quella contro la poliomelite e quella contro il vaiolo, vaccini molto più rischiosi di quelli odierni che probabilmente rendevano apprensivi i nostri genitori, ma per noi bambini fu una festa. Per la polio ci mettevamo tutti in fila a bocca aperta ad accogliere uno zuccherino imbibito di siero, per il vaiolo ti provocavano una ferita nel braccio o nella gamba in cui inoculavano il morbo, seguivano giorni di malessere con una cicatrice che faticava a rimarginarsi, ma non ci furono grandi lamentele. Perché in ogni classe delle elementari c’era almeno un bambino che si trascinava una gamba a causa della polio, e per strada ti capitava di vedere volti orrendamente sfigurati dal vaiolo. L’amore per la scienza in noi era incondizionato e vedevamo un futuro seminato di conquiste.

Poi la storia ci ha rivelato un cammino scientifico più incerto, in cui spesso si va a zig zag o si torna indietro, e il caso della pandemia da Covid 19 ne è un esempio. Così abbiamo capito che il vero verbo scientifico è saper dire “non sappiamo ancora cosa fare” piuttosto che illudere le popolazioni mentre si annaspa nel buio, abbiamo imparato a riconoscere gli scienziati affidabili e comprendere i tempi lunghi del progresso. Abbiamo imparato ad aspettare, vi pare poco in un periodo storico che aveva cancellato i verbi futuri?

Non siamo diventati migliori, ma abbiamo dovuto accettare un’inaspettata battuta d’arresto nei nostri progetti di vita, belli o brutti che fossero, e chi non s’era impegnato abbastanza potrà dire in futuro che è stata colpa del Covid 19.

Come in una guerra mondiale il virus ha fatto morire milioni di persone, ha penalizzato i più deboli, fisicamemte e finanziariamente, ha fatto invecchiare chi faticava a percepirsi anziano, ma poi ha fatto altre cose: ad esempio ha messo sullo stesso piano persone sole che sanno stare con se stessi e compagnoni che non stanno stare da soli, i peggiori utenti digitali hanno dovuto imparare in fretta a usare la webcam, le persone meno intraprendenti si sono sentite perse, i più intelligenti hanno inventato mestieri o trasformato quelli esistenti, i più furbi hanno approfittato della situazione. Uno scenario comune alle grandi tragedie della storia. Cosa di buono uscirà da questo enorme caos sarà valutato dai nostri nipoti.

A lamentarsi sono quelli che non hanno sofferto, mentre chi ha subito il virus, sulla propria carne o negli affetti familiari, sembra più capace di gettarsi la sofferenza alle spalle, una grande cartina di tornasole dei sentimenti. Mentre scrivo il virus c’è ancora e ci sarà per un pò di tempo, ma mi ritrovo a coniugare al passato, forse per una inconsapevole dose di ottimismo, che spero non suoni irriverente. La verità è che io guardo con speranza le innovazioni e questo vaccino già lo sento raggiungibile.

Un bel regalo di Natale per il mondo intero.

Grazie scienziati, che possiate sempre lavorare liberi dai governi e dalle religioni.

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