Se nel secolo scorso è stata la fissione nucleare a sfuggire dalle mani del genere umano, dagli anni 2000 è il turno delle tecnologie digitali, con effetti meno visibili, ma forse più pericolosi di quelli di una bomba atomica. In un articolo del Guardian Douglas Rushkoff sostiene che, sebbene tutto sia nato in una logica capitalistica, tramite amministratori delegati e azionisti e poi ideatori di piattaforme o programmatori di singole app, questi attori hanno lasciato il gioco da tempo, ignorando l’impatto delle loro azioni. E’ come se la tecnologia si fosse ribellata al padrone, come lo stupido Hal 9000 che prendeva il controllo della navicella spaziale Discovery nel film 2001: Odissea nello spazio.

Alcuni di noi iniziano a capire quanto le tecnologie digitali stiano mettendo in risalto l’aspetto peggiore della natura umana, percependo troppo tardi di essere manipolati, senza neanche essere sicuri chi sia il nemico. Forse fino alla fine del millennio c’era una mente capitalistica dietro tutto questo (in The age of Surveillance Capitalism, Shoshana Zuboff parla di decisioni prese da Google vent’anni fa, per raccogliere i nostri dati e venderli agli inserzionisti) ma Douglas Rushkoff sostiene che quelli possiamo forse chiamarli bei tempi, e che adesso la situazione è ben peggiore, perché la politica della sorveglianza ha dato vita a fenomeni culturali che ormai godono di vita propria. Queste le sue parole:
Trump non è il creatore della sua demagogia quanto la nave. Dal punto di vista ideologico, è meno un tweeter che un ri-tweeter. Allo stesso modo, la Brexit non è un disegno politico per un’Inghilterra indipendente, quanto una proiezione dell’angoscia collettiva di un gruppo. E questi non sono nemmeno i più mostruosi dei fantasmi che stiamo generando.
D’altro canto chi potrebbe ormai manovrare una Spectre tanto vasta? Putin, Trump, Salvini con la sua bestia? Suvvia, se forse Putin ha una raffinata mente manipolatrice, gli altri due sono soltanto ottusi portatori di virus letali, che appagano il proprio ego fregandosene dei devastanti effetti collaterali.
Negli anni 2010 siamo stati tutti monitorati, ormai ne siamo consapevoli, ma quel che è peggio è questi dati sono stati utilizzati per trasformarci nell’esasperazione di noi stessi. Mentre crediamo di stare tutti nella stessa rete, ognuno in realtà vede quella propria, composta dal proprio ambiente culturale e ideologico, hobbyes e manie, paure e malattie. Così l’ambiente dei media digitali utilizza ciò che “conosce” del passato di ciascuno di noi, per dirigerci in un futuro “personalizzato”.
Se qualcuno digitando “letteratura” su Google, troverà autori classici, una stylish teenager è più probabile che trovi romanzi young adult e per lei non ci sarà altro genere di letteratura, e la sua musica sarà quella più gettonata e sceglierà le serie TV di maggior successo: in pratica le è stata tolta la capacità di scegliere, la curiosità verso ciò che non conosce, quello che io definirei cultura. Così un anziano che vive sepolto nelle sue paure troverà in rete tutte le notizie più allarmanti, si sentirà minacciato da immigrati e diversi e voterà per chi promette di toglierglieli di mezzo, mentre un uomo incapace di metabolizzare un abbandono troverà prima o poi le istruzioni per commettere un femminicidio.
All’inizio del millennio si pensava di difendersi dal sistema imparando a programmare, come se farne parte fosse un ripiego alla propria incapacità di batterlo.
In realtà (e quì a parlare sono io, Maria Adele Cipolla) quello di cui adesso si sente il bisogno è una speculazione filosofica capace di metterci nuovamente in relazione con la realtà, distinguendo quest’ultima da quella virtuale. Ancora una volta è richiesta l’intelligenza (però quella umana), insieme alla curiosità e alla conoscenza, .
Se nel Rinascimento esistevano gli studiosi, coloro che con curiosità cercavano di porre attenzione alla tecnologia quanto allo studio dei classici; anche nel terzo millennio lo studioso, l’intellettuale, non può più permettersi di essere uno “specialista”.
Perchè gli ambientalisti che parlavano ai propri simili non sono riusciti a fare quella differenza portata da quel piccolo genio di Greta Thunberg, una studiosa capace di lanciare messaggi corretti ma efficaci. Così saranno le competenze trasversali le uniche capaci di salvarci: il filosofo che sia anche hacker, l’artigiano e l’agricoltore che siano anche filosofi, il botanico che sia anche economista, lo scrittore capace di immaginare scenari futuri, ma anche di ricordare cosa sia l’empatia e il rispetto del prossimo, infine i poeti e gli artisti che ci aiutino a riconoscere il bello.
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