Consapevolezza, quella che non c’è

Lo so che non la si può chiamare guerra ma, ammettiamolo, il confronto ci avrebbe aiutato a capire la gravità della situazione. Invece all’inizio del 2020 il mondo ballava sul Titanic senza prevedere quali sarebbero state le vere dimensioni della pandemia da Covid 19. Del resto il solo caso preso a confronto, l’epidemia di influenza Spagnola, risaliva a un secolo prima, in un mondo senza penicillina e vaccini. Perché un’errata interpretazione della storia ci aveva portati a ritenere lo scorrere del tempo come costantemente virtuoso e rivolto al progresso. Invece no, i piedi ce li eravamo pestati da soli con i voli low cost capaci di spargere il virus nel globo in poche settimane, anche con altre cosette come l’inquinamento ambientale; elementi che in questo anno e mezzo hanno combattuto qualsiasi progresso della scienza.

Ma se ci pensiamo bene, con la guerra questa pandemia ha delle similitudini, a cominciare dai numeri di morti e invalidi, per poi arrivare alla crisi economica globale. Quello che manca è la consapevolezza del pericolo, almeno nella maggioranza della popolazione. In fondo non ci volevano grandi conoscenze scientifiche per prevedere i contagi a ondate, così come fu per la Spagnola, e poi bastava ascoltare gli scienziati che sin dal primo giorno dicevano verità scomode, ad esempio che ci voleva almeno un anno per formulare e testare i vaccini, che la campagna vaccinale sarebbe stata lunga e non priva di effetti collaterali.

Invece viviamo in una società che non vuole sentire le brutte notizie, dove basta cambiare canale per avere quelle rassicuranti, e sulla pandemia la maggioranza della gente ha capito quello che le faceva comodo. Così fra meno di due settimane in Italia avremo un “liberi tutti”, proprio quando la campagna vaccinale stava dando i primi frutti!

La gente era impaziente e qualche partito politico ne stava approfittando.

Pensate se fossero stati altrettanto impazienti i cittadini di Napoli, Roma, Firenze, Milano, se durante le dure giornate di liberazione dai nazifascisti fossero scesi in stada sotto il tiro dei cecchini al grido “basta! ci siamo stancati della guerra, della fame e di stare chiusi in casa!” Sarebbe stato un legittimo moto di rabbia che però li avrebbe uccisi, ritardando pure il processo di liberazione. In quel caso la consapevolezza di essere in guerra li ha salvati. Il mondo di adesso, invece, viene ucciso da un eccesso di ottimismo e strafottenza.

C’è comunque chi si distingue e vorrei concludere con due attestati di stima, che vanno ad aggiungersi a quelli rivolti agli scienziati e al personale sanitario. Il primo va ai lavoratori dello spettacolo, che piuttosto che sfasciare tutto stanno collaborando con il ministro Franceschini, con una lista di azioni concrete per riformare il settore e metterlo in grado di ripartire. Il secondo plauso va ai vaccinandi con astrazeneca che in questo fine settimana, nonostante gli allarmi della stampa scandalistica, stanno approfittando di una finestra di inoculazioni senza prenotazione, facendo incrementare la curva delle vaccinazioni e dando un segnale di ottimismo ai tanti indecisi.

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