
Questo capitolo è letto da Maria Grazia Trombino
I bellissimi Palazzi nobiliari di Pietralunga, in gran parte edificati fra il XVI e il XVII secolo, appartenevano a una decina di famiglie nobili che col tempo avevano spartito e ricongiunto i propri feudi attraverso i matrimoni, erano infatti tutti imparentati fra loro e continuavano a imparentarsi con matrimoni di convenienza. Ogni famiglia aveva Palazzo in città, Palazzo a Pietralunga e casini di campagna o ville in ogni feudo posseduto.
In quell’ambiente la gerarchia dei blasoni era il presupposto di ogni regola di comportamento, era ovvia la differenza fra un Principe, un Duca, un Marchese, un Conte e un Barone. Si sapeva anche che i Baroni non erano tutti uguali: c’erano quelli il cui casato si era insediato in Sicilia in epoca medievale, quelli che discendevano da un Vicerè Spagnolo. Altri invece, considerati dei parvenu, avevano comprato il titolo dopo l’Unità d’Italia. In questo contesto la famiglia di Augusto aveva scarsi rivali: era una delle più antiche della regione e manteneva intatti i propri feudi. Ma ciò che aumentava la propria autorevolezza era il matrimonio del nonno paterno del ragazzo, con una Principessa appartenente ad una di quelle poche famiglie di nobiltà romana a cui era concesso assistere al Soglio Pontificio, imparentata anche, per parte di madre, con un ramo di alta nobiltà lombarda.
Ad attendere Elda nella piazza del paese vi erano, oltre ad Augusto, le sue sorelle e l’istitutrice. Queste accennarono dei mezzi sorrisi e baci di convenienza, Augusto si mostrò molto premuroso ma impossibilitato a mostrarsi affettuoso. In paese l’arrivo della corriera era l’avvenimento del giorno e vi assistevano tutti coloro che nel pomeriggio percorrevano su e giù la stessa via principale dal Belvedere alla Chiesa Madre: u passiu; un viso nuovo che scendeva dalla corriera, accolto dai giovani della migliore famiglia, era un argomento di cui si sarebbe parlato a lungo, così che ogni loro gesto doveva essere misurato. Tutti insieme percorsero a piedi la strada fino al bel Palazzo affogato nel fitto tessuto urbano. Entrati all’interno Elda fu avvolta da un’atmosfera austera e pesante: soffitti affrescati, porte massicce dipinte verde oliva che avevano modanature in oro e pitture con soggetti floreali o nature morte, e queste porte avevano anche maniglie e ferramenta dalle forme buffe; poi velluti, damaschi e broccati ovunque: nei tendaggi a più strati come nelle tappezzerie; e quadri dalle pesanti cornici dorate: ritratti, scene mistiche, paesaggi scuri e misteriosi, poi pesanti tappeti e vetrine e poltroncine dalle strane fogge, ma soprattutto quello che colpiva Elda era l’enorme scalone di marmo intarsiato che suggeriva spazi inimmaginabili all’esterno del Palazzo, le sembrava di essere entrata nel castello del bosco di qualche favola di Andersen!
Dopo essere stata presentata a un’altezzosa Baronessa, probabile futura suocera, la ragazza fu sistemata in una camera ai piani alti con l’istitutrice. La cena fu consumata poco più tardi. I ragazzi e l’istitutrice furono collocati in gruppo nel lato meno illuminato del lungo tavolo da pranzo, alle cui estremità sedevano i nonni paterni di Augusto. Era desiderio di ognuno che Elda non fosse notata dalla Principessa, nonna di Augusto, un’anziana donna dal portamento rigido il cui semplice sguardo incuteva timore, invece fu il marito di lei, il vecchio Principe, a chiedere ”Chi è questa signorina?” guardando la bionda e vaga ragazza provata dal viaggio e seduta in penombra.
Scese il gelo. Le domestiche venivano scelte in base alla loro bruttezza, preferibilmente guerce e zoppe, anche l’istitutrice era stata selezionata con lo stesso criterio, perché la Principessa era gelosissima di un marito più giovane di lei e proverbiale donnaiolo, perciò ora per la ragazza non era un bene il fatto che il nonno l’avesse notata già dalla prima sera.
Invece la Principessa rispose con calma, dando informazioni che nessuno le aveva fornito e che nessuno avrebbe in seguito osato smentire:
“E’ la nuova istitutrice della nostra Olga, speriamo che sia più brava dell’altra nell’insegnarle il latino.”
Dopo una Miss Mary rimpatriata in Inghilterra in seguito alla campagna di Abissinia, dopo una Fräulein Gertie tornata alla natia e più sicura Svizzera allo scoppio della guerra, la famiglia si era dovuta contentare della limitata e ignorante Signorina Lucia, zitella avvizzita ma molto distinta.
L’istitutrice si fece rossa in viso, Elda prese fiato come per rispondere ma fu intercettata da uno sguardo di diniego di Augusto. Olghina invece accennò un mezzo sorriso compiaciuto.
La Principessa quindi si rivolse direttamente a Elda.
“Viene dal nord, mia cara?”
Elda guardò con tono interrogativo Augusto che però non seppe cosa suggerirle.
La nonna riformulò la domanda in modo indiretto.
“Non somigli molto alle ragazze scure e pelose di questa regione.”
Augusto allora annuì in direzione di Elda, abbassando gli occhi in modo rassicurante.
“Sono nata a Palermo ma mia nonna era Veneta.” rispose Elda.
“Quale città del Veneto? Signorina.”
“Mia nonna era nata in un paesino che si chiama Casteldario.”
“Castellario non è in Veneto, è in Lombardia, la mia Lombardia! –
“Pensavo fosse in Veneto.”
“Kissol, Polenta con gli Osei…”
“La nonna cucinava spesso il Kissol.”
“Dovrei insegnarlo al Monsù…”
A questo punto Augusto comprese che Elda aveva qualche chance per restare.
La Principessa, rimasta orfana in giovane età, era stata allevata dai nonni materni in Lombardia, luogo da lei considerato patria natia nonostante non vi fosse nata né vi avesse speso molti anni. Della Lombardia rimpiangeva perfino la nebbia mentre disdegnava tutto quello che era Siciliano, dal caldo al cibo, dal comportamento ostentato della nobiltà del luogo, agli strani orari dei pasti. Appena giunta in quella famiglia aveva imposto alla servitù il suo cerimoniale sobrio e silenzioso, aveva sostituito il burro allo strutto e aveva anticipato l’orario della cena di un’ora.
“S’è mai detto di cenare con la luce del giorno?” bofonchiava suo marito nelle sere d’estate.
Se Sicilia doveva essere, tanto meglio la residenza fra quei monti piuttosto che nel Palazzo di Palermo, dove il caldo era soffocante e le occasioni mondane frenetiche. Al mattino apprezzava di buon ora la passeggiata nella Pineta a nord del paese accompagnata dalla cameriera personale: seguite a debita distanza da un fidato famiglio con fucile in spalla, le due figure s’inerpicavano all’alba sul basolato delle strette stradine del paese in cerca della natura buia e madida del piccolo bosco, che ricordava alla nobildonna i posti dell’infanzia.
Sebbene appesantita dall’età, aveva un corpo dai fianchi stretti e dalle gambe lunghe, affatto opposto a quello delle siciliane, dai fianchi larghi e la vita sottile. La sua enorme e candida acconciatura, frutto quotidiano della laboriosa maestria della pettinatrice personale, nascondeva l’origine bionda dei capelli; la sua costosissima cipria, mandata a ritirare con regolarità da Firenze, metteva in risalto una luminosa carnagione bianco lattea.
Elda aveva gli stessi suoi colori, e questo collegamento con la propria terra d’origine, condusse quella sera la Principessa a posare su di lei uno sguardo incuriosito.
Per acquistare questo romanzo…
I capitoli illustrati verranno invece caricati ogni quattro giorni nella categoria Capitoli #progettoelda
Nella pagina Audiolibro #progettoelda invece si potranno ascoltare le letture di tutti i capitoli.
N d A: Per la stesura dei capitoli che riguardano il soggiorno di Elda sulle Madonie ho un debito nei confronti di Renata Pucci Zanca, amica di famiglia e godibilissima scrittrice, i cui racconti coloriti e umoristici fanno parte del lessico della mia infanzia; alcune sue macchiette sono riportate così come le ascoltavo dalla sua voce. Il personaggio della Principessa è invece ispirato a una donna eccezionale che ho avuto l’onore di conoscere.
Devi accedere per postare un commento.