Elda cap.12, Un ambientamento difficile

Questo capitolo è letto da Riccardo Gueci

L’indomani mattina, Olghina e la signorina Lucia erano sedute accanto per la lezione quotidiana:

“Il latino lo devo fare con l’altra signorina, l’ha detto Sua Signoria la nonna.” sentenziò la capricciosa bimbetta.

A nulla valsero le rimostranze dell’istitutrice, Olga fu più esplicita:

“Allora dico a tutti che si è fidanzata di nascosto con Augusto.”

A quel punto la signorina Lucia, stringendo e tormentando il fazzoletto con le mani fra sommessi singhiozzi, entrò nella stanza che divideva con Elda e la mise al corrente della novità. La ragazza cercò di rassicurarla, non aveva intenzione di prendere il suo posto, ma la situazione era compromettente per entrambe, la signorina rischiava il posto di lavoro. Cercarono un accordo e la giovane si dichiarò disposta a insegnare il latino, materia nella quale era peraltro ben preparata, lasciando all’altra l’onore delle altre materie e del rigore circa le buone maniere. Olghina si mostrò meno svogliata del previsto e la nuova maestra comprese che quelle lezioni potevano essere un rifugio dal tedio che avviluppava le stanze, dove già dalle prime ore del mattino un mondo popolato dal genere maschile era diviso da un altro popolato dal genere femminile.

Al suo arrivo Augusto era stato esplicito:

“Solitamente mi sveglio molto presto al mattino e con papà, il nonno e altri cugini andiamo a caccia, poi spesso andiamo a cavallo a visitare i poderi ma… non ti preoccupare, ci vedremo per il pranzo. In genere il pomeriggio noi uomini andiamo al Circolo del Paese, non è come quello in città, si gioca principalmente a scopone e ogni tanto scappano battute che le signore non possono sentire, però nei dopocena siete ammesse, certe volte anche si danza. Cerca di fare amicizia con Ludovica e le sue amiche e ricordati che nel pomeriggio si fa il ricamo nel salottino nella nonna.”

Insomma dove erano andati a finire tutti i bei programmi che Augusto aveva proposto per lettera? Il poveretto aveva forse esagerato in entusiasmo e del resto anche lei, avrebbe dovuto capire che a casa d’altri non si può far quel che si vuole. Il problema era semmai fare amicizia con Ludovica perché la ragazza aveva già il suo bel da fare per organizzare gli incontri clandestini col suo innamorato segreto e comunque a lei Elda era stata imposta dal fratello, non aveva alcuna voglia di entrare in relazione con lei né di inserirla nel giro delle sue aristocratiche coetanee. Il pomeriggio quelle ragazze uscivano tutte a braccetto senza che lei fosse invitata ad andare e quando la sera i giovani erano al Circolo si sentiva osservata in silenzio da ragazze che fingevano di non prendere nota della sua presenza. Elda sorrideva alle loro battute cercando di inserire qualche commento che puntualmente cadeva nel silenzio.

Possibile non aver previsto che la goffaggine di quell’invito precipitoso si sarebbe prima o poi rivolta contro di lei? Possibile che adesso Augusto, vedendola in quel contesto, avesse cominciato a temere l’impossibilità di un consenso familiare e di conseguenza stesse perdendo interesse in lei? Non sarei dovuta venire, pensava, lei, così intelligente, avrebbe dovuto prevederlo, provò rabbia per la sua ingenuità e anche per quella di sua madre, che non l’aveva messa adeguatamente in guardia. Poi immediatamente provò pena per i suoi genitori, sospettando che non fossero organici a quell’ambiente, percepiti al contrario come vanagloriosi.

Ma Elda era cocciuta e orgogliosa e pur di non ammettere uno sbaglio era disposta a imbarcarsi in tenaci sfide, così non fu capace di tornare subito dalla sua famiglia, come in un primo momento aveva pensato. Restò lì rapita dal gioco della trasfigurazione, che attraverso un cammino di espiazione e adattamento, avrebbe dovuto portarla a essere degna di quel matrimonio.

Neanche con la stessa Baronessa, mamma di Augusto, era possibile entrare in contatto, lei aveva dovuto compiere anni prima lo stesso percorso soltanto perché colpevole di appartenere a una nobiltà minore, adesso stava a guardare le difficoltà di Elda compiaciuta, come se le dicesse: che t’aspettavi piccola borghese spiantata?

I segnali di inadeguatezza apparvero a Elda uno dietro l’altro. La prima sera che si erano recati al circolo del paese, lei aveva indossato un golfino d’angora rosa ricamato a fiorellini mandatole dalla zia Teresa, una camicetta di seta bianca della mamma e una gonna di flanella grigia che era stato il suo pezzo forte nel periodo scolastico. Molto soddisfatta aveva chiesto ad Augusto un commento e questi le aveva risposto:

“Sei tanto carina, mia cara, che non ha importanza che tu sia elegante o meno.“ – Elda era rimasta nel dubbio che non fosse un complimento. Quando l’indomani Ludovica, con aria di sufficienza, le donò degli abiti smessi, ebbe confermati i suoi timori.

La tavola fu un altro terreno di scontro. La sera del suo arrivo Elda si fece riempire il piatto e lo finì tutto, accorgendosi poi che gli altri commensali facevano mostra della loro inappetenza accettando porzioni modeste. Due giorni dopo, di fronte a una porzione di pasticcio di caccia, pregustando una pallina di pasta frolla mischiata alla demi-glasse, prese un boccone dimenticandosi di attendere che la Principessa iniziasse per prima la propria porzione.

“Perché la signorina Elda inizia già?” sottolineò Olghina.

Un’altra volta chiese con lo sguardo alla signorina Lucia quale posata usare per il tramezzo e questa, ancora risentita di una presunta rivalità professionale, fece finta di non capire. Una volta ancora si avventurò nella mondatura della frutta con coltello e forchetta, sicura che la zia Teresa gliel’avesse ben insegnato. Anni di collegio dalle monache avevano conferito ad Olga e Ludovica movimenti sicuri ed eleganti mentre a lei schizzarono dei pezzetti di mela dal piatto:

“Sarebbe meglio che ti astenessi dal consumare frutta a tavola.” le sussurrò discretamente Augusto a fine pasto.

C’era tanto cibo! Come poteva non approfittarne! Dopo la fame degli ultimi anni era un supplizio non potersi buttare a capofitto su tutto quel ben di Dio, lei che a differenza di Ludovica non aveva alcuna predisposizione all’adipe.

Quel Palazzo abbondava cibo in ogni sua parte, dai sotterranei agli abbaini, veniva rifornito quotidianamente dai proventi delle terre dei Baroni e la quantità delle merci non era affatto limitata in quei tempi di guerra. Per tutta la giornata si assisteva a un andirivieni di vivande dai feudi ai magazzini, dai magazzini alle cantine, dalle cantine alle cucine. Poi di nuovo dai magazzini a qualche luogo di commercio. Ogni alimento destinato agli usi domestici veniva smistato in passaggi successivi ed esaminato in tutte le sue parti, fino a quando il verdetto decideva il suo uso migliore. Ogni frutto poteva essere portato direttamente in tavola o ridotto in poltiglia per una marmellata, ogni tipo di carne avrebbe avuto la sua morte migliore in un raffinato piatto preparato dalle mani del Monsù. Tutta una catena di produzione che aveva il solo scopo di far giungere su quella tavola imbandita le migliori prelibatezze mai immaginate. Quando poi invece avrebbero subito lo sguardo ripugnato della Principessa nonna che avrebbe così decretato:

“No grazie, stasera non ho punto appetito.”


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