Dopo un anno e mezzo di militanza, Elda era diventata la compagna bionda tanto volenterosa e il suo aspetto raffinato era ormai stato accettato come un’eccezione esotica. Dato che le era sempre piaciuto scrivere e aveva una parola colta, era diventata molto abile nel redigere proclami, scrivere volantini e coniare nuove parole d’ordine, riuscendo in fretta a impadronirsi del linguaggio politico. In Federazione la compagna bionda era stata notata anche dal maturo compagno spedito dalla redazione romana dell’Unità per dirigere un settimanale, che poi si sarebbe trasformato in quotidiano. Conoscere la lingua Italiana quanto Elda era cosa niente affatto scontata in altri compagni, così all’inizio del ‘46 lui la assunse come segretaria di redazione e lei ne fu entusiasta. Era l’ennesimo impegno giornaliero che si aggiungeva all’Università, alle lezioni private e al lavoro nel Partito ed era la prima volta che si confrontava con i compagni senza la protezione di Ottavia. I suoi genitori osservavano perplessi la sua vita frenetica senza sospettare che lei partecipasse a manifestazioni di popolo, occupazioni delle terre, volantinaggi e vendite dell’Unità nei quartieri popolari.
Tuttavia, a Wanda bastava osservare l’abbigliamento e i modi di Elda, i discorsi militanti e la frequentazione di un’amica tanto eccentrica come Ottavia, per tormentarla di critiche; i battibecchi con la figlia erano ormai all’ordine del giorno e quando scoprì che lavorava alla redazione di in un giornale sovversivo, costrinse suo marito a fare l’uomo di casa una volta tanto.
Così un pomeriggio Guglielmo bussò alla porta della stanza di sua figlia senza sapere esattamente cosa dirle. Dal ritorno dallo sfollamento le case erano così fredde, perché prive di approvvigionamenti, che quel giorno Elda aveva già dovuto interrompere la lettura tre volte per scendere e salire di corsa i tre piani del palazzo nella speranza di accumulare un po’ di calore, per poi arrendersi a continuare sotto le coperte. Così suo padre la trovò tutta infagottata seduta nel letto a studiare: indugiò a prendere il discorso osservando le suppellettili della stanza mentre lei lo osservava di traverso, sapeva dove lui voleva andare a parare.
Guglielmo in realtà era intimidito da una figlia che collaborava al mantenimento della famiglia e pure seguiva brillantemente gli studi universitari, era difficile rimproverarle qualcosa ma era inequivocabile il fatto che avesse preso a frequentare gente fanatica che voleva sovvertire l’ordine costituito, ecco, questo era un argomento! pensò fra sé e sé e incoraggiato dalle nuove parole che gli giungevano in bocca, prese una sedia dalla scrivania, la avvicinò al letto e vi si sedette.
“Cosa leggi bimba mia?”
Elda rispose infastidita senza nemmeno alzare lo sguardo – “E’ un manuale di storia moderna, ho un esame fra tre settimane.”
Guglielmo stava ritto nella sedia con la sua veste da camera ricca di alamari, comprata a credito all’Unione Militare, che gli conferiva un aspetto autorevole e leggermente demodé, senza dubbio invecchiava bene.
“Sei brava, ti piace la storia?”
Elda ascoltava sospettosa: suo padre era affabile ma aveva sentito sua madre confabulare dietro la porta, capiva il motivo di quella missione e rispose ancora in modo distratto:
“Mi piacciono la storia e la letteratura.”
“E la filosofia? A me la filosofia piaceva, il professore Fazio Allmayer teneva delle lezioni entusiasmanti.”
“Insegna nella mia facoltà, era anche tuo professore?”
“Sì, al liceo Umberto.”
“Pensavo che fossi andato dai preti.” – disse Elda iniziando a interessarsi alla conversazione.
“Andai all’Umberto quando i gesuiti mi mandarono via per indisciplina, ci feci soltanto l’ultimo anno ma cominciai ad appassionarmi allo studio e a odiare i preti.”
“Siamo d’accordo.”
“Vedi? Su qualcosa siamo d’accordo.”
“Papà siamo d’accordo su tante cose, perché questo tono amaro?”
“Niente, volevo solo cercare di capirti… ”
“Ma noi ci capiamo benissimo, semmai è con la mamma che ci sono tante tensioni.”
“La mamma ha ragione a preoccuparsi: prima la rottura del fidanzamento, adesso quest’andare e venire in bicicletta da un punto all’altro della città. Sono orgoglioso dei tuoi studi ma mi preoccupano certe frequentazioni, adesso poi la mamma dice che hai preso a scrivere su un giornale comunista… ”
“Mi hanno solo chiesto di fare la segretaria di redazione e mi pagano pure, anche se poco.”
“Ma così ti esponi, la situazione è delicata e tu vai a unirti a gente violenta. Certe volte ho paura che fai tutto questo per rabbia… per vendetta, cosa ti ha fatto quel ragazzo? C’è qualche cosa che dovrei sapere?”
“Ma cosa c’entra Augusto? Solo perché sono una ragazza tutto si deve risolvere in fidanzamenti e rotture? Giulio è libero di fare le sue scelte…”
“Ecco, da Giulio io me l’aspettavo, ha sempre preso certe posizioni e comunque non è mai arrivato al punto di unirsi con i comunisti, tu invece prima stavi da una parte e poi sei saltata in quella opposta, mi sembra che non hai moderazione.”
Guglielmo non si rese conto di aver toccato un nervo scoperto e sua figlia non era persona che sopportava la verità su se stessa, era profondamente offesa e perse qualsiasi controllo:
“Forse mentre stavo dall’altra parte, come dici tu, ho visto ingiustizie e miseria e mi sono formata una coscienza sociale!”
“Ti prego! Non c’è bisogno che parli a tuo padre come se fossi a un comizio. Io posso anche darti ragione… ma che bisogno c’è di urlare con le bandiere in mano? Sovvertire tutto? Avete ragione, il fascismo è stato un completo disastro, ma non possiamo passare da una dittatura all’altra! I comunisti sono intransigenti, violenti, non è questa la maniera di cambiare le cose!”
“I comunisti hanno liberato l’Italia, e sono anche morti per questo! Per il resto la società che sorgerà da questa guerra sarà totalmente diversa! La nostra è dittatura del proletariato, che qui in Sicilia significa mondo contadino, io ho visto come vivono quando stavo a Pietralunga, bambini malati in mezzo agli escrementi delle bestie.”
“Elda, ti prego, moderati!”
La situazione le era sfuggita di mano ed Elda restò appoggiata alla testata del letto con la faccia astiosa e le mani conserte mentre suo padre guardava nella sua direzione oltrepassandola, così passarono interminabili imbarazzanti minuti.
“Papà?” – fece lei cercando di recuperare una concordia, ma quello pareva non sentirla – papà ma che stai guardando?”
“Niente, guardavo il letto.” – disse lui come risvegliandosi d’improvviso.
Elda si girò incuriosita:
“Che ha il letto?”
“Mi ricordo quando ho trovato questo disegno in un vecchio catalogo inglese… “ – disse lui tendendo la mano verso la testata di ferro dipinto.
“L’hai fatto fare tu?” – chiese Elda intenerita.
“Sì, volevo un disegno diverso per i letti dei miei bambini, non ne potevo più del Liberty.” – per la prima volta lei si accorgeva che il suo papà vanesio nascondeva dei lati ancora da scoprire e che l’attività di una fabbrica di letti di ferro poteva riservare dei momenti creativi.
“Io li ho sempre amati questi letti – disse Elda accarezzando gli uccellini e le rose dipinte a olio sul bianco opaco della testata di ferro, una bella sagoma ovale contornata da una modanatura rotonda e tornita – ovunque andrò me li porterò dietro… anche il vostro mi piace, invece non ho mai sopportato quelli della nonna e degli zii, con quel finto legno dipinto sulla lamiera, mi sono sempre chiesta perché bisognava far sembrare legno il ferro.”
“La nostra maledizione è sempre stata sembrare quel che non si è – disse Guglielmo con sguardo riflessivo – era l’epoca: il lambris di stucco doveva sembrare marmo… perfino il legno delle porte si dipingeva di marrone e poi si facevano le finte venature perché sembrassero di un legno più pregiato… quei letti finto legno erano la fissazione di mio nonno, poi mio padre ebbe la fissazione del Liberty e io mi fissai con i letti inglesi che vendemmo soltanto in provincia…”
“Ti piaceva la fabbrica?”
“Purtroppo l’ho capito soltanto quando abbiamo dovuto vendere… se non fossi stato un ragazzo viziato, mi sarei potuto appassionare prima…“ – disse lui accavallando le gambe e riassestandosi nella sedia.
“Ma perché avete venduto?” – chiese lei avanzando carponi verso suo padre.
“Tanti problemi, quelli che di solito ci sono in questa terra…“
“La mafia?”
“Questa parola non mi piace! – disse Guglielmo adombrandosi – E poi l’errore è stato nostro… l’imprenditoria di quest’isola è così: una prima generazione che si ammazza di fatica e la generazione successiva che vive sopra le righe per scimmiottare i nobili, neanche i Florio sono riusciti a sfuggire a questa maledizione… mio padre s’era montato la testa con quel cantiere nautico, poi quando s’è trovato nei guai ha chiesto favori… alla fine io e zio Luca abbiamo preferito pagare tutto pur di non avere a che fare con certa gente.”
“Avete fatto bene.” – disse Elda che ora gli si era messa accanto.
“Vedi? Un’altra cosa in cui siamo d’accordo.”
“Papà… scusami… – disse Elda – vedi… quando avevo già deciso di lasciare Augusto, la zia Teresa mi disse di darvi il tempo di abituarvi, ora capisco quello che voleva dire… forse sto facendo troppe cose senza darvi il tempo…”
“E invece su Augusto ero d’accordo, se proprio lo vuoi sapere quel giovane mi dava sui nervi, quando è venuto a parlarmi con quell’aria presuntuosa pensavo: ma perché gli devo dare la mia bambina? Hai fatto bene a lasciarlo… semmai è quello che è successo dopo che mi spaventa…. ”
“Sul serio pensavi questo di Augusto? E perché non dicevi niente?”
“Ero indeciso, sembrava quello che avevamo sempre voluto per te, ma temevo anche di perderti, di vederti piegata a qualcosa che non era per te… la verità è che era una decisione che dovevi prendere tu e comunque, in cuor mio, ero sicuro che ti saresti tirata via in tempo, ma non dirlo a tua madre altrimenti…”
…tratto dal romanzo Elda, vite di magnifici perdenti , di Maria Adele Cipolla
I capitoli illustrati verranno caricati ogni quattro giorni nella categoria Capitoli #progettoelda
Nella pagina Audiolibro #progettoelda si potranno ascoltare le letture di tutti i capitoli.
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