Ottavia e Ignazio erano fidanzati già da qualche tempo ma l’impegno politico di lui non dava il passo a smancerie:
“Dice che non si può impegnare perché c’è l’eventualità che debba da un minuto all’altro entrare in clandestinità.” – si sfogava Ottavia con Elda.
“Dicono tutti così, ma non credo che ci sia più questo pericolo… Ignazio ti ama e prima o poi avrà voglia di fare una famiglia con te.”
Ignazio era proprio un orso, non esisteva nulla al di fuori del partito e dei contadini e dava per scontato l’amore della sua compagna, non riusciva mai a rispettare un appuntamento e non c’era spazio per progetti e svaghi, anche se Ottavia nel suo cuore non aveva rivali. Elda non capiva come mai la sua amica, tanto allegra e spigliata, potesse essersi innamorata di una persona così diversa, sicuramente aveva più affinità con Giulio ed era con lui che avrebbe preferito vederla. Elda non capiva se l’ombrosità di Ignazio fosse propria a tutti i compagni o se lui ne fosse particolarmente dotato, perché Pietro era un compagno e anche suo fratello e nonostante apparisse più aperto e cordiale, c’era il rischio che prima o poi sarebbe stato contagiato da quella pesantezza. Poi si consolava ricordando le risate che facevano insieme in redazione, la capacità di Pietro di infilare una battuta dietro l’altra duettando con Aldo, forse in quella famiglia circolavano dei geni diversi; eppure anche Ignazio ogni tanto era capace di una frase divertente, era forse soltanto la preoccupazione di non perdere di vista i suoi obiettivi che lo incupiva.
Comunque a un certo punto, quando la probabilità di una lotta armata sembrò allontanarsi dall’orizzonte, Ignazio chiese a Ottavia di sposarlo, in modo molto serio e plateale, era la sua maniera, ogni cosa doveva essere fatta con senso di responsabilità e tutti dovevano capire che quel matrimonio sarebbe durato per sempre.
Così si sposarono nell’aprile del 1946. Il genitori di Ottavia erano di religione ebraica, anche se non praticanti, mentre i coniugi Santelia erano cattolici osservanti, specialmente la signora Emma. Ma la fede politica dei due ragazzi imponeva l’assoluta laicità e il problema si risolse con un rito civile al Municipio di Palermo. Igea ed Elda erano testimoni della sposa mentre Vittorio e Pietro lo erano per lo sposo.
I signori Genova, genitori della sposa, offrirono un rinfresco informale nelle loro casa di via De Spuches, che aveva anche un piccolo giardinetto, e fu un matrimonio semplice e gioioso: in Municipio alcuni archi del teatro Massimo avevano suonato un quartetto di Haydn ma a casa il Maestro Davide Genova, papà di Ottavia, sfoderò il vecchio violino di famiglia esibendosi in pezzi molto ritmati di musica klezmer, accompagnato dai suoi colleghi, e finirono tutti col ballare. Elda e Pietro ebbero molte occasioni di stare l’uno accanto all’altra, ballarono vicini, si guardarono di sottecchi, parlarono, ma forse per la timidezza di entrambi o semplicemente per il piacere di prolungare fino all’estremo quel corteggiamento silenzioso, quel matrimonio non fu l’occasione propizia per dichiararsi l’un l’altro.
Elda ebbe comunque modo di osservare Pietro nel suo ambiente familiare e capire tante cose di lui e del suo passato. Guardava la sua bella mamma che gli somigliava tanto seguire con lo sguardo i suoi figli, ammirata, riservata, intimidita dalla situazione ma tanto contenta. Il giudice Santelia sembrava più ombroso della moglie ma era anche lui felice e cercava di familiarizzare con la nuova famiglia, amava la musica e questo almeno era un punto di contatto. In ogni caso Elda si sentì rassicurata, Pietro aveva preso il carattere solare della mamma mentre Ignazio quello serioso del padre.
Comunque quel giorno lo sposo mostrava tutta la gioia che aveva in corpo, abbracciava continuamente Ottavia guardandola compiaciuto, era felice di avere attorno tutte le persone che gli erano care, poter vedere riuniti i suoi genitori, la sua nuova famiglia e i compagni del partito; in fondo, pensava Elda osservandolo, a suo modo sarebbe stato un marito affettuoso e Ottavia aveva sufficiente allegria per tutti e due.
C’era anche il Duca che partecipava a quel matrimonio insieme alle figlie, il Maestro Genova era un suo caro amico, con lui Sua Eccellenza si mise a chiacchierare e apprezzò molto l’ascolto dei suoi pezzi d’opera, il Duca infatti da giovane aveva studiato da baritono e a un certo punto si era messo a cantare accompagnato dal padre della sposa mentre le sue figlie lo guardavano rapite.
A fine pomeriggio Elda si era seduta nei gradini che portavano al giardino per riposare dalle danze, aveva osservato Igea e sua sorella Isabella, da poco arrivata da Torino, che si avvicendavano attorno al padre con apprensione, preoccupate che si stancasse troppo o che avesse preso freddo o che non avesse abbastanza appetito, le sembrava che ci fosse qualcosa di strano e in effetti poche settimane dopo si seppe che il Duca era ammalato. Fu un dolore per tutti, soprattutto per le sue figlie che lo assistettero amorevolmente fino alla fine, qualche mese dopo.
…tratto dal romanzo Elda, vite di magnifici perdenti , di Maria Adele Cipolla
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